C’è qualcosa che non va, in questo vangelo. Lo capite chiaramente dal tono delle nostre omelie. Dalle spiegazioni che invariabilmente sembrano dover giustificare il fatto che le vergini sagge si comportano in modo a dir poco antipatico. Gli eroi del nostro immaginario non avrebbero fatto così.
Al minimo sarebbero andate con le altre per aiutarle, al grido di “tutte per una, una per tutte”. E invece no. Queste non solo il loro olio non lo danno – se avessimo sotto mano il testo greco ci accorgeremmo che lo fanno con enfasi, tipo con un “giammai!” – ma poi entrano bel belle al banchetto e chi s’è visto s’è visto. Ma anche questo sposo che arriva quando gli pare, entra e poi disconosce le poverette che sono dovute andare a tirare giù dal letto il venditore, facendosi infamare due volte…
Posto che se dovessimo immedesimarci in qualcuno, noi siamo quelle cinque lì, le stolte. Mica le sagge, ci mancherebbe. Eppure… c’è qualcosa che non quadra. Come se nel racconto fosse andato perso qualcosa, un pezzettino di pergamena se lo fosse rosicchiato un topo e alcune righe, quelle finali, le avessimo perse. O forse sei Tu, Signore, che vuoi che reagiamo, che quelle righe che mancano le scriviamo noi. In fondo anche il vangelo di domenica prossima si gioca su ciò che i servi credono che Tu sia, su ciò che sono disposti a mettere in gioco.
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Proviamo allora a riscriverlo questo vangelo “secondo noi”. Dandoci però un metodo, un criterio serio. Da sempre l’altra osservazione che si fa a questa parabola è “ma non c’è qui la sposa”? L’unica risposta, un po’ imbarazzante, è che sì, c’è, e sarebbero dieci.
Quelle rimaste fuori possono allora arrendersi senza discutere? Che spose sono se mollano. Vuole dire che non amano lo sposo. La parabola parla del Regno di Dio e lo fa al futuro. L’unica parte al presente è il momento in cui le cinque che si sono finalmente procurate l’olio tornano e trovano chiuso.
Come a dire che il Regno di Dio, è qualcosa che nel presente bisogna attendere in modo attivo e vigilante. Non passivamente finendo col sopportare le ingiustizie perché tanto Tu sei buono e un giorno sistemerai tutto. Il fatto però che per ora, nel presente, il banchetto non accolga tutti comporta che non ci possa essere ancora una gioia piena.
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Lo diventerà quando anche noi, stolti e ritardatari, che non ci siamo procurati per tempo l’olio della fede e non lo abbiamo bruciato trasformandolo in amore per Te e per i fratelli, ma che in fondo siamo quegli ammalati che Tu sei venuto a curare, potremo entrare nella Tua Gloria.
don Claudio Bolognesi