A dir la verità eri apparso per rimproverare i discepoli per la loro incredulità, per la durezza di cuore – perché Ti hanno visto risorto e non hanno creduto -. Come succede spesso le Tue apparizioni sono “audizioni”, appari nelle Tue parole.
Per questo abbiamo scelto l’immagine, curiosa, perché Ti mostra e Ti nasconde, si vedono solo i piedi. Le immagini classiche della Tua ascensione al cielo in cui Ti si dipinge sospeso, vestito di bianco, sono molto care ma anche fuorvianti. Non è così semplice raffigurarTi Risorto. Al rimprovero comunque aggiungi queste curiose istruzioni.
Dando per scontato che accadrà loro – a noi – di trovarci in tutto il mondo (non c’è l’ordine imperativo di andare qui, questa cosa fa parte della vita) c’è però l’ordine non generico ma puntuale di essere araldi, annunciatori della buona notizia a tutto ciò che è creato. Certo, perché se qualcuno può considerarsi (forse a ragione forse a torto) un “professionista” dell’annuncio missionario, tanti di noi si dimenticano che ciò che c’è di vero nella nostra vita è bello condividerlo.
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In ogni caso c’è un invito tassativo che fonda il non ovvio impegno missionario. Poi noi leggiamo “Vangelo” e il pensiero va a qualcosa di ben definito; ed è giusto, visto che c’è un bell’articolo determinativo. Ci si riferisce forse non tanto al libro ma certo al suo contenuto, per ciò che ne conosciamo.
Questo è il nostro limite perché tanti di noi non se ne considerano grandi conoscitori – e questo preoccupa -. Non possiamo però dimenticare il senso primario del termine, che deve motivare e dare un’ anima ad ogni annuncio: quel messaggio è una “buona notizia”. E va annunciato “a tutto ciò che è creato”.
Ci fa tenerezza il ricordo di san Francesco che nella laguna di Venezia predica agli uccellini. Forse potremmo attualizzarlo nella necessità di evangelizzare le strutture, gli ambiti della nostra vita. Allo stesso modo non possiamo dare per ovvio ciò che segue quest’annuncio di gioia.
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“Credere” e “essere battezzati” significa prima di tutto aderire a qualcosa di cui siamo persuasi, qualcosa di personale ed esistenzialmente vero. Non possiamo dimenticare che Tu hai detto che questo è prima di tutto la Tua opera, la missione che hai ricevuto dal Padre ed è realizzata dallo Spirito.
È fondamentale, perché altrimenti la riduciamo ad uno spericolato (e per molti ingiustificabile) impegno nostro. Cosa che è ma solo in seconda battuta, se prima abbiamo accolto il Tuo dono. Anche l’essere battezzati… Crediamo che il riferimento al gesto liturgico sacramentale che conosciamo sia imperdibile.
Ma non possiamo dimenticare che il termine di base significa “essere immersi”. Si riferisce quindi ad un fatto vero, interiore prima che esteriore. Vuole dire che in quella fede siamo immersi. Renderci conto che è l’aria che respiriamo. A questo punto abbiamo una cascata di conseguenze. Che non sono le meraviglie, i giochi di prestigio che qualificano come credibile e bravo l’evangelizzatore.
Sono ciò che chi crede si trova a vivere. Se ci pensate sono cose che sperimentiamo da sempre. I demòni sono prima di tutto le malattie fisiche e dell’anima e, a costo di essere scambiati per infermieri ed assistenti sociali, i cristiani hanno sempre preso molto sul serio l’impegno a scacciarli.
Il parlare lingue nuove equivale alla necessità di comunicare, di accogliere ogni persona nella sua unicità. Coi serpenti non vogliamo avere a che fare, ma la capacità di sopportare calunnie, di sopravvivere anche ai chiacchiericci interni, è qualcosa che conosciamo bene.
Il veleno sta più nelle parole che nelle fiale da congiura di palazzo. Come spesso capita nelle argomentazioni, l’ultimo segno che abita nella vita di chi ha accolto il dono di questa vita nuova è speculare al primo: l’impegno di prendersi cura dei malati. Ricordiamo che siamo in un tempo in cui anche solo lavare una ferita equivaleva a salvare una vita. La scena finale è doppia.
La Tua intronizzazione significa la conferma da parte del Padre non solo di queste Tue ultime parole, ma di tutta la Tua opera. È annuncio di fede, a cui noi crediamo pur non vedendo, perché ne abbiamo la conferma nella realizzazione delle Tue parole.
don Claudio Bolognesi