Vita e morte a confronto. Gesù ha appena restituito alla vita l’amico di Lazzaro e su di lui si profila una sentenza di morte. Il segno per eccellenza – restituire alla vita un uomo morto – non è riconosciuto nella sua chiarezza. Quanti segni Dio continua a operare! Eppure essi non si impongono mai in modo univoco. Fanno sempre appello alla libertà di lasciarsene interpellare o meno. Segni evidenti di vita possono, talvolta, produrre come effetto un ostinato rifiuto. Nulla è evidente, nulla parla per chi ha già deciso di non aprire il proprio cuore.
Qualcuno persegue i propri interessi a discapito della vita di altri. Qualcuno è talmente preso dal non riuscire a mettere in discussione il proprio modo di vedere le cose – e quindi il proprio potere – da non farsi scrupolo alcuno nel mettere a repentaglio la vita altrui. C’è una ragion di stato che deve prevalere a qualsiasi costo. Quanto diversa la ragion di stato dalle ragioni di Dio: Dio non sopporta che sia un altro a morire, per questo offre sempre e solo se stesso.
Come entrare in questi giorni santi? Col desiderio sincero di essere purificati. La purificazione, quando è vera, non coincide semplicemente con una recuperata integrità morale ma con la disponibilità a fare dono di noi stessi, proprio come il Signore. Immacolati nell’amore, dirà Paolo. A salvarci non sarà un rito in più ma il rinnovamento di sguardi, pensieri, gesti.
Da che parte ci poniamo? Non è mai definitivamente sicuro che il nostro modo di vedere le cose sia poi così diverso da quello che il vangelo riporta. La folla è sempre mutevole: fa in fretta a passare dall’acclamare Gesù come Messia a richiederne con insistenza la condanna a morte.
Che cosa è conveniente? È questa la domanda che deve fare da viatico in questi giorni santi. Per Caifa è conveniente che muoia un altro. Per me, invece?
AUTORE: don Antonio SavoneFONTE CANALE YOUTUBETELEGRAM