La scena descritta dal vangelo è una festa di nozze, sul far della sera. L’attesa dello sposo si dilata oltre misura perché egli tarda ad arrivare.
Le dieci ragazze sono figura della nostra umanità in attesa. L’attesa è capacità di relazionarsi con qualcuno. “La vita di ognuno è un’attesa. – diceva don Primo Mazzolari – Il presente non basta a nessuno: l’occhio e il cuore sono sempre avanti, oltre le mete raggiunte con aspra fatica. In un primo momento, pare che ci manchi solo qualcosa: più tardi, ci si accorge che ci manca Qualcuno. E lo attendiamo”.
Esse sono guidate da un desiderio, il bisogno cioè di aprirsi a qualcuno che è altro da sé, diverso da sé. È riconoscere che da soli non ci bastiamo. Avere desideri significa bisogno di altro, bisogno che solo l’incontro con qualcuno può soddisfare.
Dopo essersi messe in ascolto del loro desiderio, si sentono abitate da una passione, quella passione che le fa uscire incontro allo sposo. Appassionarsi è sempre un grande rischio, ma un rischio che vale la pena correre perché è ciò che dà vitalità alla propria esistenza.
Il desiderio e la passione sono ciò che fanno loro sperare di poter entrare nella sala delle nozze. Ma la speranza è difficile, soprattutto quando i segni della festa ritardano e nessun volto amico viene ad illuminare la notte.
Ecco perciò l’assopimento. La fatica dell’attesa ha la meglio: “poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e dormirono”. La comunità per la quale Mt scrive il suo vangelo si riscopre paurosa, fragile, percorsa dalla tentazione di abbandonarsi all’inerzia. Questa è pure la nostra condizione di fronte al mancato arrivo dei risultati e dei cambiamenti desiderati: il sonno è il segno del venir meno della speranza. Solo un grido sveglierà le dieci ragazze: “ecco lo sposo; andategli incontro”. C’è sempre nella nostra vita qualcosa o qualcuno che non permette un sonno continuato.
Cosa sono queste lampade e che cos’è quell’olio che non è possibile condividere?
Abbiamo sempre letto questa pagina immaginando un gruppo di dieci ragazze con in mano delle lampade a olio ferme sulla strada ad aspettare lo sposo finché ad un tratto l’olio si consuma. Ma il testo gr. non parla di lampade a olio, quanto di fiaccole, cioè di bastoni di legno con uno stoppino imbevuto di materiale combustibile, da fare ardere all’ultimo momento. In gioco non c’è l’eventuale riserva di olio. Il problema è versarlo al momento opportuno. “Le stolte presero con sé le fiaccole ma non presero con sé olio”. L’imprevidenza non è causata dal ritardo dello sposo. Semmai il ritardo dello sposo fa sì che tutte si addormentino. In gioco c’è una incomprensione totale di come vada accesa una fiaccola: cioè hanno perso, hanno smarrito il senso di quello che erano chiamate a fare.
Dateci del vostro olio, chiedono le ragazze stolte. No… andate piuttosto dai venditori e compratevene, ribattono le sagge. Sembra una reazione carica di egoismo, di individualismo e invece trasmette tutt’altro messaggio: nessuno può cedere ad altri le proprie motivazioni. Quando nella vita ci mancano motivazioni profonde, basta qualsiasi ritardo e il più piccolo ostacolo per indurci ad abbandonare l’impegno.
In verità vi dico, non vi conosco. Com’è possibile che lo sposo rifiuti di aprire la porta a chi pure si è dato da fare per recuperare l’olio necessario alla propria fiaccola? L’invito che vi soggiace credo possa essere il seguente: attenzione a sprecare le occasioni. La nostra esistenza è ricca di ripetuti arrivi di Dio, ma a volte l’essere impreparati a riconoscere anche una sola venuta può compromettere un’intera vita di attesa. Quante relazioni finiscono così. “Mia moglie se n’è andata di casa, eppure le volevo bene”, confida il marito. E lei rivela che mai il marito aveva mostrato attenzione verso le sue istanze più profonde, mai una parola di affetto o di stima. Un bel giorno lo sposo si sveglia dal suo torpore e bussa al cuore di sua moglie: ahimè, è troppo tardi.
Essere presenti al proprio presente.
AUTORE: don Antonio SavoneFONTE CANALE YOUTUBETELEGRAM