don Antonio Savone – Commento al Vangelo del 8 Luglio 2021

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Nulla arresta la corsa del sogno di Dio. Tanto il rifiuto ostinato di chi lo accosta con atteggiamento di pretesa, quanto l’incredulità degli interlocutori di diritto, non possono ostacolare il suo desiderio di volerci di casa con lui proprio come dei figli. Non è il successo o l’insuccesso il criterio perché Dio continui la sua opera: c’è una grazia che precede ogni nostra risposta e permane oltre ogni nostra risposta.
Il rifiuto non costringe mai Dio ad un atteggiamento risentito. Anzi, è occasione per allargare l’orizzonte degli interlocutori cui consegnare la sua proposta. Dio rilancia la sua offerta, la consegna ad altri, a chi, meno condizionato dal già visto, è più disposto a misurarsi con l’inedito. E questo fino alla fine, anche quando il rifiuto si trasformerà addirittura in volontà di eliminazione: anche allora Dio non ritirerà l’offerta. L’amore di Dio non si arresta di fronte ad alcuna infedeltà umana. E perché questo possa essere riconosciuto è necessario che i discepoli vadano a due a due, come attestano Mc e Lc. La comunione degli inviati è primizia di ciò che può operare negli uomini l’annuncio del Vangelo.

Agli apostoli associati alla sua stessa avventura, Gesù non consegna anzitutto un tema da annunciare ma uno stile da assumere, leggero, comodo, senza ingombranti appesantimenti, senza essere preoccupati di sé, senza inutili affanni per il domani. Si è suoi inviati non perché si dicono parole ispirate ma perché si hanno i modi del Signore (Didachè XI,8).

La loro unica preoccupazione è che chiunque possa misurarsi con il vangelo, con il sogno di Dio sull’umanità. Questo viene prima persino dell’istinto naturale di sopravvivenza o di quella smania di far proseliti che talvolta attraversa le persone religiose. E qualora anch’essi dovessero registrare opposizioni e resistenze, a carico dei destinatari solo un po’ di polvere. Nient’altro. Non minacce, non violenza, non desideri di vendetta. Solo un po’ di polvere. Mai contro qualcuno. Bellissima l’immagine della polvere scossa dai propri piedi: là dove ci si misura con la non accoglienza, non portare con sé l’amarezza e la frustrazione del rifiuto. Arresta non poco la corsa del vangelo l’incapacità di lasciarci alle spalle i rifiuti registrati.

Mentre li inviava, Gesù delineava i tratti della comunità cristiana così come egli la desiderava: una comunità in continuo movimento, non preoccupata di portare a sé gli uomini ma di portare se stessa accanto agli uomini.
Mentre li rendeva partecipi della sua stessa missione, ribadiva che annunciare il Regno di Dio non significa uno statico possesso di ruoli o di posizioni ma vivere il dinamismo delle relazioni. La relazione tra i discepoli (a due a due), la prima forma di annuncio e di testimonianza. Il legame con l’altro è già in se stesso un atto di salvezza perché capace di trasformare la vita.

Negli occhi e nel cuore degli inviati la consapevolezza che ogni uomo e ogni situazione sono sempre “capaci” del vangelo. La messe è abbondante ma mancano gli operai. Ciascuno di noi rischia di essere grano maturo che nessuno raccoglie. Il rischio – tutt’altro che remoto – è che la vita della gente scorra lasciando cadere quel grano inutilmente. Se solo qualcuno pronunciasse la parola giusta al momento opportuno, se solo qualcuno ponesse un gesto di vicinanza, se solo qualcuno intercettasse ciò che di più vero c’è nel cuore di ogni uomo. Manca chi spii le occasioni di Dio, manca chi intercetti opportunità perché quel grano porti il frutto desiderato.
Mentre li investiva di questo compito, Gesù sognava uomini che non fossero anzitutto maestri di nozioni religiose ma fratelli capaci di condividere con gli altri ciò che di più bello gli è capitato nella vita.

Per questo il primo segno da operare nel loro andare è quello di restituire le persone a se stesse strappandole dallo spirito del male che divide, assoggetta, deresponsabilizza, isola.
Un altro segno, versare l’olio della consolazione, far sì che ciò che è infermo sia reso stabile, ciò che vacilla sia rinfrancato, lenire ogni stanchezza, fare in modo che nulla inceppi il buon funzionamento di ogni legame.


AUTORE: don Antonio SavoneFONTE CANALE YOUTUBETELEGRAM