Un vangelo laico, si direbbe, quello odierno. Nulla di confessionale o di religioso, immediatamente. Tutto dal versante dell’uomo, della vita, delle relazioni intrattenute, sembrerebbe. E paradossalmente, proprio perché tutto dal versante dell’uomo, anche tutto dal versante di Dio. Il senso della vita, in quello che siamo stati capaci di condividere con fratelli e sorelle in umanità.
Ancora una volta, anche stavolta, con la forza sorprendente della sua parola, Gesù ci consegna una lettura della storia a partire dalla fine. E così racchiude tutto in cinque parole: lo avete fatto a me. Tutto qui. Al centro l’amore: un amore declinato attraverso il prendersi cura, l’avere occhi, gesti, mani, attenzione per chiunque incrocia i nostri passi facendosi mendicante. Ecco ciò che rimane, ciò che è definitivo, ciò che conta e ciò per cui vale la pena spendere la propria vita.
La verifica della fine non una dottrina o un trattato teologico, anzitutto, non riti, non atteggiamenti virtuosi, non mortificazioni o sacrifici soltanto, ma acqua versata e pane spezzato. Vangelo possibile a chiunque, a portata di mano, dell’umile misura di un bicchiere d’acqua. Vangelo messo in pratica anche da chi non ha mai conosciuto il Signore: quando, Signore? La sorpresa, appunto. Questo è il vangelo: acqua, pane, un tetto, un vestito, una visita. E chi non lo capisce questo vangelo? Qui non c’è nulla da imparare a memoria. Come non ci sono appartenenze da rivendicare o attestati di ortodossia da esibire.
Di nuovo la sorpresa perché Gesù non ci racconta un Dio onnipotente, ma un Dio che ha fame, un Dio che prova sete, un Dio che fa sua tutta la vulnerabilità dell’uomo e perciò chiede di essere riconosciuto e accolto su questo versante. A tema la corporeità e la concretezza della prassi evangelica di cui tutti possono essere costituiti segno, anche a loro insaputa. Il regno di Dio non è una realtà circoscrivibile ai confini della Chiesa ma alle dimensioni dell’amore di ogni uomo. Interessante, non poco, scoprire che in ordine alla relazione con Dio non ci sono posti già riservati ed esclusivi. Questo è l’inedito del vangelo cristiano contro cui nessuno può nulla. Che è anche ciò che lo rende più luminoso.
Vita benedetta quella non attraversata dalla volontà di mettere al sicuro anzitutto se stessa, i propri legami, le proprie cose. Vita benedetta quella di un gran numero di uomini e di donne che ogni giorno vìola l’impulso irresistibile alla cura di sé mediante il prendersi cura di un altro. Vita benedetta quella di chi non persegue una sua perfezione religiosa soltanto, ma quella capace di offrire riscatto alla debolezza dell’altro così come fa capolino nella tua storia. Una fede che pretende di manifestare la serietà dell’amore di Dio non va da sé. Se non viene destinata per i gesti del prendersi cura è vana, è già morta. Là dove ci sono persone capaci di praticare la giustizia, esse sono una consolazione per chiunque arrivi al mondo e sono la rivelazione più luminosa di ciò che è Dio.
Ecco in che modo Dio manifesta il suo essere Signore: catino in mano, asciugatoio ai fianchi, in ginocchio anche davanti al traditore. La signoria di chi si sottomette all’impegno di prendersi cura dei suoi. Fino alla fine.
Al centro l’amore…
AUTORE: don Antonio SavoneFONTE CANALE YOUTUBETELEGRAM