Credo sia il sogno di non pochi credenti: non avere più nulla da spartire con le cose di questo mondo per potersi finalmente dedicare alle cose di Dio. Il nostro immaginario, infatti, è piuttosto popolato della convinzione che se vita cristiana ha da essere, questa deve prescindere dall’avere a che fare con le cose di questo mondo. Le cose di questo mondo, infatti, finiscono per sporcare… non solo le mani.
Eppure, vangelo alla mano, è proprio il modo in cui si è trafficato con le cose di quaggiù che stabilirà il criterio per godere appieno delle cose di lassù. È proprio il rapporto con le cose del mondo che giudicherà la nostra appartenenza al regno di Dio. Il Padre lo incontri nel tuo sporcarti con l’imperfezione, in base al rapporto che sei in grado di stabilire con le cose, con il denaro, con la proprietà. Fai esperienza di Dio nel tuo cuore non tenendoti a distanza di sicurezza dal tuo rapporto con la carne dell’umanità ma mettendoti in gioco con essa. Il rapporto con le cose della terra è ciò che fa la differenza nel tuo professarti discepolo.
Se così è, non ogni modo di maneggiare le cose del mondo si equivale. Chi è consapevole di questo – attesta il Maestro – è chiamato a vivere un rapporto nuovo, libero e responsabile. Senza idolatrare nulla e nessuno e, al contempo, con la consapevolezza che nulla è ininfluente. Anzi: tutto decide del tuo futuro. Non accontentarti di vivere alla giornata, senza prospettive.
Essere esperti di questo “frattempo” senza scambiarlo con ciò che è definitivo ma, nello stesso tempo, fare in modo che il frattempo diventi già anticipo di quello che vivremo in pienezza perché già ora, già qui gli somiglia.
E quando il frattempo comincia ad assomigliare all’eterno?
Quando ciò che ti anima non è finalizzato al tuo tornaconto ma al bene possibile per tutti; quando maneggi le cose non per il tuo profitto ma perché sia riconosciuta la dignità di ognuno. Quando questo accade è già anticipo del regno. Imparare a instaurare una rete positiva di relazioni: quando questo accade Dio è all’opera.
AUTORE: don Antonio SavoneFONTE CANALE YOUTUBETELEGRAM