Quanto Gesù afferma a proposito del Cristo, figlio di Davide, è incluso tra due diversi atteggiamenti: da una parte quello per cui “nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo” dopo aver risposto allo scriba e dall’altra, quello con cui si chiude il detto odierno, “la folla numerosa lo ascoltava volentieri”.
Proprio la sospensione dell’incalzare a tutti i costi con domande appropriate o meno, diventa l’occasione perché sia Gesù a porre le domande e a chiedere di venir fuori dicendo cosa pensiamo a proposito della sua identità. Se è vero che il Messia sarebbe venuto dalla discendenza davidica – e Gesù proviene da quella discendenza – quell’uomo che la folla ha davanti a sé è ben più che un semplice uomo, è il Signore stesso. Incontrare Gesù non significa soltanto che Dio si è reso visibile all’uomo ma all’uomo è stato dato il potere di accedere alla vita stessa di Dio. Ben a ragione san Pietro attesta che la potenza di Dio, per mezzo del Figlio Gesù, ha fatto sì che noi diventassimo partecipi della stessa natura divina (cfr. 2Pt 1,4). In gioco, perciò, non c’è soltanto che Dio si sia fatto uomo ma anche il motivo dell’Incarnazione, perché noi potessimo ottenere ciò che avevamo perduto, la natura divina.
L’evangelista Mc che non dice nulla della nascita e della genealogia di Gesù, proprio nell’imminenza della passione mette sulle labbra di Gesù queste parole che riguardano la sua relazione stretta con il Padre. Non a caso, di lì a poco, proprio quando nessuna evidenza presterà il fianco a una simile professione di fede, il centurione pagano riconoscerà in quell’uomo appeso al legno il Figlio stesso di Dio: “veramente quest’uomo era figlio di Dio” (Mc 15,39).
Se è vero che la sua discendenza davidica attesta il suo essere Messia, in realtà, riconoscere chi è davvero, può avvenire solo guardando il modo in cui egli porta a compimento il suo parlarci del Padre. Il centurione, infatti, arriverà alla fede proprio così: in quel modo di morire e di vivere, riconoscerà la rivelazione piena del Padre. Non ci riusciranno, invece, tutti coloro che fermi alle loro dispute, non riescono a cogliere chi è veramente Gesù.
Anche noi siamo figli di Dio, come crediamo, ma che cosa lo attesta? Se per il Figlio di Dio la sua autenticazione di appartenenza è stata la croce, non diversamente per noi. Non è un’anagrafe a dire la nostra identità di cristiani ma il vivere fino in fondo la fedeltà al vangelo e questo si rivelerà solo nel modo in cui noi prenderemo congedo dalla storia.
AUTORE: don Antonio SavoneFONTE CANALE YOUTUBETELEGRAM