Incamminarsi
Il nostro avvento si apre con una guida d’eccezione che ci invita a fare nostri i suoi passi: “gli venne incontro…”. Gesù ha appena proclamato le beatitudini che narrano ciò che Dio fa per l’uomo ed ecco un pagano presagire che quel maestro di Galilea è il solo in grado di proferire una parola capace di vincere la barriera dell’estraneità. Il centurione è un uomo che va oltre i confini stabiliti dal ruolo di superiore, prima, e dal suo essere pagano, poi.
È come se oggi egli ci ripetesse: non aver paura della tua distanza e della tua estraneità. Mettiti in cammino alla ricerca di una parola che ha la forza di operare ciò che annuncia.
Proprio il centurione ci ricorda che si comincia a guarire là dove fiorisce l’attenzione per un altro. Sono passi sinceri verso Dio quelli che hanno il loro retroterra nel viaggio più faticoso: l’altro e la sua condizione di infermità. La fede così grande che Gesù riconosce nel centurione è una fede che prima ancora di essere professata con le labbra trova la sua manifestazione nella condivisione della sofferenza.
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A mutare le situazioni non è mai l’esibizione della forza e della potenza ma il gesto delicato della tenerezza che si fa premura.
Il centurione consegna a noi l’arte dimenticata della delicatezza: un uomo che solitamente è abituato a comandare, un uomo che non stupirebbe affatto se fosse cinico (lo richiederebbe il senso del dovere) si ritrova, invece, a prendere le parti del suo sottoposto. Non solo: la sua delicatezza risparmia Gesù anche dalle possibili critiche che avrebbe potuto subire per aver messo piede in casa di un pagano. La sua è la delicatezza di chi osa senza pretendere e si accontenta della sproporzione dei segni mediante i quali Dio interviene.
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