don Antonio Savone – Commento al Vangelo del 31 Dicembre 2020

A darci appuntamento stasera è il bisogno di vivere il nostro rapporto con il tempo non con l’atteggiamento di chi subisce gli eventi ma con l’animo di chi riesce a cogliere in essi il dipanarsi di un disegno di Dio che, pur superandoci di gran lunga, sempre ci coinvolge e ci riguarda.

Vorremmo vivere questo momento con spirito di fede e con il cuore di chi tutto custodisce e nulla disperde di quanto il Signore ci ha donato di vivere. Sempre Dio ci visita e ci interpella; non sempre, però, siamo capaci di riconoscerne i cenni e, perciò, talvolta, un po’ sommariamente, preferiamo concludere che egli ha distolto da noi il suo sguardo. Lo facciamo comunitariamente perché il nostro grazie sia corale. Non siamo qui anzitutto per attirarci il favore di Dio ma per riconoscere che il suo amore si è più volte manifestato verso di noi: il mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio e la sua morte e risurrezione ci attestano perennemente quanto ciascuno di noi sia prezioso agli occhi di Dio. È vero: non mancano le meraviglie, manca la meraviglia. Siamo come dei viaggiatori distratti incapaci di accorgersi di ciò che li circonda.

Per questo, stasera, mi piacerebbe rileggere l’anno che volge al termine con lo stupore dei santi, di uno in modo particolare, quello che conosco di più, Francesco d’Assisi il quale, proprio alla fine della sua vicenda terrena, si abbandona a una rilettura di essa cogliendo in ogni situazione l’intervento e l’azione del Signore: Il Signore mi diede…

Il Signore ha tanto amato il mondo da farci dono del Figlio suo. Ciò che Dio aveva di più caro e di più prezioso, non lo ha tenuto per sé ma lo ha consegnato a noi. Quel Figlio non ci è stato prestato per un momento ma è stato posto letteralmente nelle nostre mani, in questa storia di speranze e di lacrime, di attese e di soprusi. Quel Figlio si è esposto all’accoglienza e al rifiuto mentre ci faceva dono di una lieta notizia capace di strappare la nostra esistenza all’oscurità e all’angoscia, alla tristezza e allo scoraggiamento. Quel Figlio, nella nostra vita, diventa ciò che noi ne facciamo: nelle mani di Giuda, merce di scambio, nelle mani di Pietro, il Maestro da rinnegare, nella mani di Giovanni l’amico cui restare fedele fino in fondo.

Il Signore ci ha dato la grazia di un ulteriore anno perché potessimo cogliere il dono del tempo come occasione per fare esperienza della sua misericordia e intraprendere un serio cammino di conversione.

Il Signore ci ha dato l’abbondanza delle sue benedizioni perché potessimo camminare con volto lieto e sereno e con la certezza di essere portati nelle sue mani da cui niente e nessuno potrà mai strapparci.

Il Signore ci ha dato la ricchezza della sua Parola perché il nostro cammino fosse rischiarato dalla luce della sua presenza e potessimo discernere il vero e il bene così come splende ai suoi occhi.

Il Signore ci ha dato la forza che viene dall’Eucaristia perché, nutriti e fortificati dal pane della vita, anche noi fossimo capaci di diventare pane spezzato per la vita di tanti.

Il Signore ci ha dato la dolcezza del suo perdono perché imparassimo che nessuno di noi equivale al male compiuto ma siamo in grado di riprendere nuovamente l’itinerario che ci rende sempre più conformi all’immagine pensata per noi dal Padre celeste.

Il Signore ci ha dato la comunità cristiana come luogo in cui imparare a portare gli uni i pesi degli altri gareggiando nella stima e nell’affetto fraterno e, – perché no? – a imparare la difficile arte del perdono reciproco. Se la fede è un fatto personale, non è mai un fatto privato.

Il Signore ci ha dato la possibilità di non mancare mai di ciò che ci è necessario: ha provveduto egli stesso a farci dono del pane quotidiano e di ogni altra risorsa.

Il Signore ci ha dato la presenza di tante persone che ci hanno sostenuto e incoraggiato nel perseguire quei progetti di bene da cui, forse, avremmo distolto lo sguardo. Come non pensare alle nostre famiglie, ai nostri legami buoni, alle amicizie, a quegli affetti che divengono sostegno alla nostra debolezza?

Il Signore ci ha dato la possibilità di sperare contro ogni speranza e la grazia di restare fedeli quando, forse, avvertivamo maggiormente la seduzione dell’abbandono e del tradimento.

Il Signore ci ha dato la capacità di farci carico di diverse situazioni in cui abbiamo visto lesa la dignità di chi non ha voce.

Il Signore ci ha dato il sollievo nelle nostre stanchezze e lo sprone nei nostri ritardi e nelle nostre lentezze.

Il Signore ci ha dato la grazia di comprendere che la vita non si misura per gli anni che possiamo annoverare o per le conquiste che possiamo raggiungere: essa si misura soltanto per l’intensità con cui riusciamo a vivere ogni istante operando il bene.

Quanti altri doni potremmo richiamare ancora alla nostra memoria! Proprio la ricchezza dell’amore di Dio che sempre ci precede, ci porta a chiedere perdono per la nostra incapacità a far fruttare come Dio desidera i doni di cui ci fa partecipi.

Il Te Deum che intoneremo tra poco si apre con le parole della gratitudine e della riconoscenza e termine sulle note della fiducia e della: “Tu sei la nostra speranza, non saremo confusi in eterno”. Credo che proprio questa conclusione ci aiuti a vivere nel modo giusto questo momento: per il credente, ogni bilancio, non può non aprirsi alla fiducia che il male non vincerà mai il bene, nonostante le apparenze.


AUTORE: don Antonio SavoneFONTE CANALE YOUTUBETELEGRAM

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