don Antonio Savone – Commento al Vangelo del 30 Agosto 2022

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‘La sua parola aveva autorità’…

Erano andati per anni in quella sinagoga a Cafarnao, proprio come accade a noi che frequentiamo la liturgia domenicale. Per anni, qualcuno degli scribi si alzava, prendeva un rotolo della Scrittura e poi lo commentava. Parole, parole, parole… parole a proposito e a sproposito e tutto rimaneva come prima. A volte parole urlate, altre volte parole che battono l’aria, comunque, il più delle volte, parole di imposizione. Una precettistica pensata senza mai incrociare uno sguardo e, comunque, sulla pelle degli altri.

Gli scribi ricoprivano proprio il ruolo dell’autorità, ma il loro insegnamento non stupiva più nessuno, fermi com’erano alle leggi, all’interpretazione delle leggi. Parole vecchie, logore, incapaci di mettere in moto alcuno: le loro erano un diluvio di parole da cui salvarsi.
Parole da cui salvarsi o parole che salvano? (cfr. Casati). E’ qui il nocciolo della questione. Qui sta la differenza: differenza enorme!

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Parole dette dall’autorità o parole che hanno autorevolezza? Autorità viene dal latino “augere”, che significa aumentare, espandere, promuovere, aprire nuovi inizi, suscitare energie nuove, possibilità nuove.

Per noi l’autorità è stigmatizzata dall’immagine del contenere, del frenare, mettere i paletti, ricordare il codice, le cose di sempre…

Ma cosa aveva di tanto diverso quella parola pronunciata da Gesù? Si trattava di una parola che mentre veniva pronunciata compiva ciò che diceva: una parola che annunciava un Dio diverso, altro, un Dio che non gode nel vedere un uomo attorcigliato su se stesso ma – sabato o non sabato – lo rimette in piedi. A qualsiasi costo. Una parola, quella di Gesù, che non aggiungeva peso a peso, fatica a fatica. Parola liberante anzitutto dalla paura.

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Gesù non recitava, per questo attraeva. Era aderente alla vita, non a una parte da recitare.
In sua presenza si respirava. C’era qualcosa che ti prendeva: parlava di un Dio affidabile, un Dio che non è il nemico del desiderio dell’uomo, che non è colui il cui compiacimento è la mortificazione dell’uomo.

Autore: don Antonio Savone

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