Mentre muoviamo i primi passi nel nostro itinerario quaresimale, nella bisaccia del nostro cammino ritroviamo da subito la pagina guida del Dt. Una pagina che ci rivela un Dio il quale, mentre ci consegna finalmente le chiavi di casa, ci consegna anche il suo desiderio più profondo: scegli dunque la vita. Una pagina che allarga gli orizzonti, pagina che richiama il senso di questo nostro camminare, pagina che riscatta ogni ambiguità circa l’intenzione di Dio.
…perché tu viva e ti moltiplichi…Dio ha a cuore la vita dell’uomo, non soltanto la vita necessaria ma quella moltiplicata, in abbondanza.
Ma se il tuo cuore si volge indietro… certo perirete.
Cosa può voler dire volgersi indietro? Credo che per ciascuno di noi abbia sfumature diverse. Anzitutto, mi pare guardare al passato con nostalgia e non ritenere che il presente, sotto qualsiasi sfaccettatura si mostri, sia degno di essere vissuto.
Il popolo al quale JHW si rivolge è un popolo che sta per entrare nella terra promessa, dunque un popolo che ha fatto già esperienza della disponibilità di Dio a far sì che esso non perisca.
Eppure l’uomo viene alla luce con un sospetto al quale è sin troppo disposto a cedere: il sospetto cioè che il comandamento di Dio, invece che essere letto come simbolo della solidarietà di Dio a tutela della vita, sia in realtà il segno di una oscura prevaricazione da parte di Dio stesso. E Dio diviene così una realtà da cui è necessario difendersi.
Ecco perché questo brano torna a proposito all’inizio della Quaresima. Non c’è cammino di sequela là dove non c’è consapevolezza dello stile di Dio, dell’intenzione di Dio nei nostri riguardi. Non c’è cammino di sequela là dove il cuore non è abitato non anzitutto da quello che Dio ha già compiuto ma da quello che di nuovo intende compiere, perché non viene meno al suo stile.
Mentre il Dt ci sollecita a non volgerci indietro, la pagina di Lc ci sollecita a convertirci allo scandalo della croce, perché questo fa da discriminante nella fede in Gesù. Il problema non è che Gesù sia il Cristo di Dio, ma come egli lo sarà. È il Cristo di Dio perché non salva se stesso. Non è invece il Cristo scontato della nostra umana attesa.
La pagina di Lc ci ricorda come non basti aver compiuto la scelta della vita: è necessario rimanere fedeli a ciò che abbiamo scelto, istante dopo istante. Dietro questi pochi versetti rileggiamo l’esperienza delle tentazioni di sempre cui è stato sottoposto Gesù prima e ogni discepolo poi. Anche il discepolo, come il suo Maestro, sarà tentato di salvare la propria vita, sarà tentato nel voler guadagnare il mondo, sarà tentato di giungere alla gloria senza passare attraverso la croce.
Se qualcuno vuole venire dietro di me: il nostro cammino di discepoli si caratterizza come uno stare dietro ad una persona. Perché questo non sia un camminare vuoto Gesù ci consegna tre condizioni:
- rinneghi se stesso. Noi passiamo la vita cercando di affermare noi stessi. E tutto questo per una profonda, radicale paura che abita il nostro cuore. Questa paura, frutto della menzogna diabolica, ci fa temere il nostro limite e soprattutto ci impedisce di fare esperienza di quell’amore di Dio che ci accoglie proprio nel nostro limite. Il “negare se stesso” che Gesù propone non è un annientarsi ma un riconoscere e rimuovere tutto ciò che noi scambiamo per vita e che quindi finiamo per assolutizzare.
- Prenda la sua croce ogni giorno: è il più grande atto di libertà quello di addossarsi il proprio male. Infatti è la “nostra” croce, quella che non vorremmo. Questo atto di assumerci il male che abbiamo riconosciuto come tale ci permette l’esperienza più grande che sia stata mai concessa all’uomo di vivere: mentre noi soffriamo giustamente, ci accorgiamo che accanto a noi c’è un Dio condannato alla stessa pena, ingiustamente. La mia realtà di male è amata da un Amore senza limite. Ogni giorno: le battaglie non sono vinte una volta per tutte. Grande è infatti la tentazione di lasciarsi vincere dalla propria personale fragilità se ogni mattina non si sceglie di ripartire con rinnovata passione.
- Mi segua: seguirlo significa sperimentarne la compagnia. Non ci ha lasciato solo un bell’esempio di come si sta al mondo. Ora lui si fa nostro compagno di viaggio mettendosi al nostro passo perché noi possiamo fare nostro il suo.
AUTORE: don Antonio SavoneFONTE CANALE YOUTUBETELEGRAM