Ogni espressione religiosa ha sempre portato con sรฉ la convinzione che Dio abbia diritto di cittadinanza solo allโinterno di quel modo specifico di vivere la fede. Il popolo dโIsraele (solo esso?) era caparbiamente convinto che Dio fosse rinchiuso allโinterno di quel preciso territorio e per questo si riteneva popolo eletto chiamato ad essere luce di tutte le nazioni: come se fuori da quei confini ci fossero unicamente male e perdizione. Il confine dร sicurezza: dentro ci si sente protetti. Il confine, inoltre, puรฒ anche suscitare lโorgoglio di confronti che favoriscono istintivamente chi sta dentro.
Senzโaltro, anche lโuomo Gesรน รจ stato educato a questo modo di vedere le cose. Ben presto, tuttavia, e forse con non poca sorpresa, ha cominciato a comprendere che Dio abita dappertutto e che la sua azione e la sua presenza non sono circoscritte ai confini giudaici. Dio percorre ogni strada del mondo e nessun popolo รจ escluso dal suo amore. Ecco perchรฉ Gesรน amerร pasticciare i confini, sfumare le frontiere. Gesรน imparerร a sue spese che davvero il centro รจ il confine. ร questo ciรฒ di cui Gesรน fa esperienza nellโincontro con il centurione pagano. Infatti, si accorge che quellโuomo nutre amore per il proprio servo, un amore tanto grande da indurlo a scendere la scala della dignitร per chiedere un favore a un ebreo. Che cosa avrebbe potuto spingere quellโuomo a tanto se non lโamore? Quindi lโamore esiste anche fuori dโIsraele, e se cโรจ amore, cโรจ Dio. Dio allora non รจ prerogativa gelosa di un solo popolo e non รจ appannaggio di una espressione culturale.
Il centurione che chiede a Gesรน la guarigione si dimostra capace di fede in lui. Questo non รจ frutto soltanto della sua intuizione ma รจ dono dello Spirito. โBeato te, Simoneโฆ perchรฉ nรฉ la carne nรฉ il sangue te lโhanno rivelato, ma il Padre mioโฆโ (Mt 16,16-18). Il centurione ha goduto della stessa rivelazione fatta a Pietro: perciรฒ Dio รจ allโopera anche fuori del popolo ebraico.
Nรฉ una societร nรฉ una cultura aderiscono alla fede, ma una persona: lโofferta della fede, infatti, รจ proposta allโindividuo.
Tra il servo e Gesรน non cโรจ nessun contatto ma cโรจ una catena di relazioni che รจ profezia della sua guarigione: infatti, cโรจ il centurione, (in Lc ci sono i capi di Cafarnao), ci sono gli amici e, infine, Gesรน. Il servo giunge alla guarigione attraverso una catena di solidarietร e di amicizia. Lโamicizia, prima terapia dellโesistenza. La vita comincia a guarire solo quando รจ inserita in legami di fiducia: verso altri, ed รจ amicizia, verso Dio, ed รจ fede. Sappiamo bene che lโantidoto di legami di fiducia รจ il sistema del sospetto e la cultura della diffidenza.
A cercare Gesรน non รจ un seguace della Legge, un figlio di Abramo, ma un pagano. Un uomo circondato da amici perchรฉ ama. Appare subito un uomo capace di fiducia negli altri: โama il nostro popoloโ. Uno che costruisce templi per altre religioni. Un uomo che viene letto a partire dalla sua capacitร relazionale: quasi scompare dietro le sue belle relazioni umane. ร verosimile che su questa fiducia iniziale si innesti la fiducia in Gesรน. Si tratta di un uomo che crede attraverso la parola di altri.
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Secondo il centurione non cโรจ nemmeno bisogno che Gesรน veda il suo servo: basta solo una sua parola a guarirlo. Nel centurione Dio semina luci inattese e feconda un terreno diverso da quello che sarebbe in linea di principio il privilegiato e, dunque, il piรน adatto, la terra promessa, appunto. Ma lโorizzonte di Dio si manifesta subito piรน largo di quello di una religione o di una istituzione che credono di contenerlo al loro interno.
Allโopera di Dio ben corrisponde la fede del centurione la quale si manifesta come un affidarsi a Gesรน, un mettersi nelle sue mani, come sa fare chi ha dimestichezza con le relazioni umane. Egli non si scoraggia di fronte ad un mondo che non รจ il suo: se Dio รจ Dio โ ecco come ragione quel soldato โ non puรฒ essere di parte, non puรฒ fare preferenze di persone. Ecco cosa รจ capace di suscitare lo Spirito: mette in movimento persone e situazioni che diventano infinite possibilitร di dialogo tra credenti e cercatori di Dio nel nostro tempo.
Il centurione emerge anche come figura di uomo che conosce bene il suo mondo. ร attento alle situazioni e per questo non gli sfugge che nei paraggi si aggira lโuomo che parla di Dio mettendone in atto i gesti di salvezza. Stando a quello che attesta Lc 7,3 gli basta averne sentito parlare per mandargli a dire il suo dolore e la sua fiducia. La fede di questโuomo non si fonda certo su una dottrina che, peraltro, non conosce, ma su una persona di cui ha sentito parlare bene. Riconosce che quellโuomo รจ affidabile. E tanto basta.
โSignore, io non sono degnoโฆโ
In ogni eucaristia รจ un pagano a imprestarci le parole per avere accesso al mistero di Dio. La fede di uno di fuori ci dice il metro a partire dal quale accostarci a Dio.
Le parole del centurione che ripetiamo mentre stiamo andando a ricevere la comunione ci ricordano con quale atteggiamento possiamo accedere a quella mensa: come poveri che tendono la mano per accogliere un dono immenso che non si sono meritato, come discepoli che aprono la loro esistenza ad una parola che ha il potere di trasformare la vita.
โin Israele non ho trovato nessuno con una fede cosรฌ grande!โ
Le uniche due volte in cui elogia espressamente la fede di qualcuno, questo qualcuno non appartiene alla cerchia dei discepoli, ma รจ uno straniero, fuori dai confini dโIsraele: โDonna, davvero grande รจ la tua fede!โ (Mt 15,28). Lo stupore di Gesรน in questo caso รจ lโopposto di quello che aveva vissuto a Nazaret presso i suoi concittadini: e si meravigliava della loro incredulitร (Mc 6,6).
Lโammirazione di Gesรน รจ dovuta anche al fatto che questโuomo sa trovare le parole giuste per esprimere la fede e lo fa con parole che provengono dalla sua esperienza quotidiana. Fa uso di una parabola: analizzando i rapporti quotidiani tra gli uomini, egli intuisce qualcosa di ciรฒ che riguarda il rapporto con Dio. Il centurione riconosce la forza di una parola da chi la pronuncia. Se quella di un centurione muove cento uomini, quella di Gesรน puรฒ comandare anche alla malattia. Egli non pretende da Gesรน la messa in atto dei rituali di guarigione, ma si affida unicamente alla potenza della sua sola.
Cโรจ un passaggio del discorso del centurione che รจ sorprendente. Egli dice: โAnchโio infatti sono uomo sottoposto ad autoritร e ho sotto di me dei soldatiโฆโ. Non dice: anchโio infatti esercito unโautoritร . Sembra quasi che lโautoritร che egli esercita sui suoi soldati gli venga dalla sua subordinazione nei confronti dellโautoritร superiore. Gesรน puรฒ esercitare la sua autoritร perchรฉ totalmente obbediente al Padre: ecco il senso di quellโespressione.
A Gesรน non interessa il fatto che quellโuomo sia un benefattore degli ebrei. A lui interessa che quel โlontanoโ sia portatore di una fede straordinaria, una fede che non aveva bisogno neanche della presenza di Cristo in casa, ma si fidava della potenza della sua parola a distanza.
Noi ci diciamo credenti. Ora, credente non รจ un aggettivo, ma un participio presente. Vale a dire: รจ il credere che fa di noi dei credenti, se, quando e nella misura in cui crediamo, nella misura in cui accogliamo in obbedienza la Parola di Dio e ci lasciamo guidare dallo Spirito.
Lโessere credenti non รจ mai una apposizione fissa della persona (come essere bianco o di colore), tale per cui, qualunque cosa si faccia e si pensi, questa sia giร (per il solo fatto che chi la compie รจ un battezzato che cerca di credere) una azione da credente, qualificata dalla fede.
Il credere รจ cosa molto delicata e si snatura subito quando diventa un vanto o qualcosa di cui appropriarsi come una identitร culturaleโ.