don Antonio Savone – Commento al Vangelo del 22 Febbraio 2021

Li avrà portati apposta in quel luogo per nulla confessionale: Cesarea di Filippo. Forse perché uscissero da quel linguaggio che va sotto il nome di ecclesialese, proprio degli addetti al mestiere e non sempre capace di parlare al cuore dell’uomo. Domande puntuali quelle rivolte agli apostoli perché imparassero a compiere un passaggio non senza conseguenze: dall’opinione alla fede.

È il passaggio che il Signore Gesù propone anche a noi mentre veniamo condotti insieme agli apostoli a Cesarea di Filippo.

Dall’opinione alla fede: da un rapporto esterno, superficiale, generico legato al sentito dire, a un rapporto personale frutto di una vera e propria esperienza di Dio.

Non facciamo fatica a capire che cosa sia un’opinione: una conoscenza di carattere approssimativo. È il leggere la vita secondo il criterio del credo che… L’opinione manifesta contemporaneamente allarmi e zone d’ombra, certezze e perplessità. L’opinione della gente coglie la grandezza di Gesù ma non la sua unicità.

Diverso, invece, accostare la vita e le situazioni secondo il criterio del credo in… (in questo caso, infatti, è in gioco la nostra stessa fiducia, la nostra capacità di affidamento).

Se l’opinione può anche lasciare indifferenti, non così la fede. La fede coinvolge, chiama in causa. Se per un’opinione non vale la pena mettersi in gioco, per la fede è possibile anche mettere a rischio la propria esistenza.

E qui dobbiamo ammettere, che non poche volte noi viviamo la fede sul registro dell’opinione, cioè di una approssimativa idea di Dio. Era quello che era accaduto alla gente di cui ci narra il vangelo odierno. Pronunciava un giudizio sulla persona e l’opera di Gesù, ma un giudizio che non la impegnava affatto, anzi, la lasciava chiusa in se stessa.

Ma voi? Voi cosa dite? È l’invito a uscire allo scoperto. Gesù conduce i discepoli di allora e di sempre a comprendere che credere equivale a costruire la propria storia su colui nel quale ho imparato a riporre la mia fiducia. Credere non riguarda anzitutto ciò che io ho ma ciò che io sono. Allora posso dire di credere quando la relazione con l’altro informa e plasma tutto di me.

Affermare di credere in Gesù vuol dire partecipare della sua vita, del suo stile, della sua obbedienza filiale verso il Padre.

Ma che cosa porta Pietro ad affermare che Gesù è il Cristo, il Figlio del Dio che dona la vita? Gesù gli fa comprendere che a questa professione di fede, Pietro non è arrivato da solo (la carne e il sangue) ma grazie a quello che gli è stato rivelato dal Padre stesso. E quali sono le condizioni perché l’azione del Padre possa essere riconosciuta ed accolta?

Anzitutto la disponibilità a farsi interpellare, a stare nella vita con un atteggiamento di ricerca, tipico di chi non si ferma a quanto già ha raggiunto a livello di conoscenza e tantomeno sta nella vita solo in atteggiamento di difesa di quello che ha già acquisito. Lasciare le proprie certezze. Guai a voler far coincidere Dio con le nostre idee su Dio. Egli è sempre oltre ciò che di lui possiamo aver conosciuto e pertanto a noi a chiesta la capacità di lasciarci stupire e, perché no?, persino inquietare e mettere in discussione nelle nostre convinzioni. Pietro e gli altri provano a stare nella relazione con quel Maestro lasciandosi interrogare da quello che vedono e da quello che ascoltano.

Poi la disponibilità a non accontentarsi delle risposte date da altri, come invece accade alla gente. Pietro, infatti, non si accontenta della risposta di chi misura le cose a distanza. Lascia parlare, invece, il suo coinvolgimento personale. E per questo non esita a dire chi è per lui Gesù.

Tuttavia, Pietro crederà di aver proferito la risposta giusta, detta la quale può quasi chiudere la sua partita con il Maestro. Ma non sarà così: dovrà ancora lasciarsi interrogare e mettere in crisi nelle sue certezze perché se è vero che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, lo è in modo diverso da come Pietro se lo immagina. Potrà continuare a ripetere la sua risposta solo se acconsentirà a lasciarsi cambiare nome, vale a dire se permetterà di ridefinire la sua identità alla luce di quella del suo Maestro. Comprendiamo fino in fondo chi è Gesù solo quando gli permettiamo di capovolgere la nostra vita, accettando una possibilità che non viene dal nostro dato di natura (carne e sangue), ma dal nostro rapporto con lui.


AUTORE: don Antonio SavoneFONTE CANALE YOUTUBETELEGRAM

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