Alla scuola di Matteo
Alla scuola di Matteo… è qui che ci lasciamo intrattenere dalla liturgia di questa festa. A questa scuola si apprende, anzitutto, che il Signore Gesù è il dono fatto dal Padre a una umanità che conosce sulla sua pelle i tratti della vulnerabilità e del limite. Non poche volte facciamo fatica a stare a contatto con la nostra personale dimensione di fragilità: ne proviamo vergogna e ribrezzo. Tanto è vero che finiamo per minimizzarla se non addirittura per mimetizzarla. Matteo si presenta per quello che è: peccatore pubblico. Immagino il suo stupore mentre, ancora intento alla sua occupazione, si sente dire: Seguimi! È un uomo consapevole della sua condizione ma non ha paura di manifestarsi così dinanzi a colui che è venuto per sanare chi si riconosce malato. Matteo ci insegna a stare a contatto con la verità di noi stessi senza maschere e con fiducia.
Alla scuola di Matteo, si apprende inoltre che lo sguardo del Signore è quello di un amore senza giudizio e senza pregiudizio, sguardo di vicinanza e di condivisione, sguardo di attenzione e di rispetto, sguardo di stima e di fiducia, sguardo capace di promuovere l’altro. Matteo, infatti, non solo è perdonato ma è addirittura abilitato a diventare per altri il segno della misericordia che gli è stata usata.
Alla scuola di Matteo, poi, si apprende che luoghi e tempi per essere incontrati da Dio non hanno nulla di speciale: non ci sono momenti della nostra quotidianità in cui non possa passare Gesù, se quel giorno Matteo ne ha fatto esperienza proprio mentre stava facendo qualcosa di non pulito e addirittura indegno sia da un punto di vista sociale sia da un punto di vista religioso.
Alla scuola di Matteo, ancora, si apprende la capacità di riconoscere e di cogliere le occasioni. Accorgersi, anzitutto. Cosa avrà avuto di diverso quell’uomo che gli chiedeva di seguirlo? Eppure… Penso alle volte in cui il Signore continua a passare nella mia vita e io non me ne accorgo, forse neppure sono capace di sollevare lo sguardo. Quante occasioni sono da me ritenute irrilevanti o non idonee e forse sono il canale privilegiato attraverso il quale il signore parla alla mia storia! La sollecitudine di Matteo è ciò che deve caratterizzare ogni nostra giornata, anche quelle che ci sembra siano da catalogare sul registro della lontananza dal Signore. Matteo ci invita a metterci in gioco senza se e senza ma.
Alla scuola di Matteo si apprende che l’essenza di una vita religiosa non consiste nel moltiplicare manifestazioni di devozione ma nel diventare misericordiosi come il Padre. L’incontro di Gesù con Matteo ci mette in guardia da un culto vuoto e da un linguaggio ipocrita.
A questa scuola si apprende pure che è necessario prestare attenzione a non cadere preda di quella tentazione secondo la quale è nostro compito dividere il mondo in giusti da una parte e ingiusti dall’altra, convinti di appartenere senz’altro al gruppo dei primi. È necessario anzitutto imparare a guardare se stessi.
Alla scuola di Matteo, infine, si apprende che ciò che rende possibile il vivere in maniera degna della chiamata ricevuta non è chissà quale predisposizione o dote personale. È, piuttosto, la fiducia che deriva dal fatto che il Signore non è venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori. Proprio là dove il nostro limite è più evidente, quella è realtà nella quale il Signore si rende più manifestamente presente.