Quando li aveva chiamati, li aveva pensati perché andassero e scacciassero i demoni. Ora, mentre Gesù è sul monte, alcuni di loro sono alle prese con un male che, tuttavia, non riescono a debellare. Si tratta di un male che ha colpito l’uomo dall’infanzia, non dalla nascita: quell’uomo è figura di ogni uomo uscito dalle mani di dio come cosa molto buona. Poi, però, per aver dato credito a satana, si è ritrovato incapace di prestare ascolto a ciò che Dio aveva chiesto.
Quando Gesù è assente sembra quasi che i discepoli non sappiano fare altro se non discutere. Non riescono ad operare ciò che è costitutivo del loro ministero perché sono proprio essi ad essere sordi e muti: incapaci di fidarsi di ciò che Dio chiede (sul Tabor ha appena chiesto di ascoltare il Figlio, di fidarsi di lui), non sono in grado di usare parole e gesti che liberano. Non sono in grado di liberare il ragazzo da quello spirito che, in realtà, possiede anche loro.
O generazione incredula.
Il problema è proprio la non apertura del cuore, il non fidarsi, l’opposizione che fa resistenza.
Fino a quando vi sopporterò?
Fino a morirne. Non prenderà mai le distanze da noi perché sa che senza di lui non possiamo far nulla. È necessario obbedirgli: portatelo a me.
Se tu puoi, aiutaci.
All’inizio il problema sembra essere quello del figlio, poi la richiesta è quella di essere aiutato anche lui, il padre, alla fine emerge il problema vero: aiuta la mia incredulità. Il problema del figlio è, in realtà, il problema del padre; la guarigione del figlio è la guarigione del padre.
Credo, aiuta la mia incredulità
Ci sono situazioni che più di altre evidenziano come la fede non sia scontata ma addirittura conosca un vero e proprio dramma. Il padre che si rivolge a Gesù vive proprio qualcosa di drammatico. Da una parte vorrebbe credere, dall’altra qualcosa lo spinge in tutt’altra direzione. È vero: la fede non va da sé.
Nel dire: ‘credo, aiuta la mia incredulità’, sta confessando qualcosa di molto importante: ‘credo al punto di credere che tu possa guarire la mia incredulità’. Credo che sebbene io fatichi a fidarmi, tu non cessi di avere fiducia in me. Ecco il miracolo vero.
Che certe situazioni possano essere affrontate solo con la preghiera non vuol dire che essa sia da intendere come un potere: la preghiera è confessione di un’impotenza grazie alla quale imparo e accetto di affidarmi ad un Altro. Ci si apre a Dio, infatti, solo quando abbiamo coscienza di una fede debole e bisognosa di crescere. C’è un’arroganza della fede che talvolta, troppo sbrigativamente, ci induce a farci ritenere credenti. Tale fede resterà a misura nostra, non di Dio.
Tanto la fede quanto l’amore non sono mai due realtà acquisite una volta per tutte: hanno bisogno di essere continuamente inverate e rinnovate.
Tutto è possibile a chi crede.
Chi sa di essere figlio di Dio a cui tutto è possibile, non ha nulla da temere. Ciò che tu chiedi è possibile a partire da te.
AUTORE: don Antonio SavoneFONTE CANALE YOUTUBETELEGRAM