don Antonio Savone – Commento al Vangelo del 21 Dicembre 2020

Me la immagino la ragazza di Nazaret mentre ancora intenta a capacitarsi di quello che le era accaduto – chissà, poi, se si sarà mai capacitata di essere stata ritenuta degna di divenire la Madre del Signore – si ritrova abitata dalla fretta per raggiungere un’anziana parente della quale le era stato detto che portava in grembo un bambino. Da non credere. Chiunque di noi avrebbe deciso di restarsene comodo nella sua casa, preso dalle proprie occupazioni. Come può metterti in cammino qualcosa che va contro il dato di realtà? Ben altro a cui pensare che dar retta a un angelo, a una intuizione, cioè, che ti dice che la vita non è mai impossibile. Quanti le avranno sconsigliato quel viaggio: una imprudenza in quello stato.

E ciononostante in cammino. La contempliamo così la ragazza di Nazaret. In cammino, abitata da un credito di fiducia: nulla è impossibile a chi crede.

Che cosa stava accadendo se una vergine si ritrovava incinta e una anziana gravida quando ormai una legge naturale avrebbe impedito un simile evento? Me la immagino così la ragazza di Nazaret, pensierosa e – perché no? – affaticata, proprio come accade ad una donna incinta che mentre incede ha bisogno di fermarsi per prendere fiato. Me la immagino anche timorosa che qualcosa potesse minacciare quella gravidanza, proprio come accade ad una donna incinta.

E ciononostante in cammino.

Si ritrovava a pensare al suo Dio, a quel suo strano modo di guidare gli eventi mentre chiedeva disponibilità all’impossibile per potersi far strada nella storia degli uomini. Ripensava allo sguardo di Dio, a quello sguardo che non si fissa su ciò che abitualmente guarda l’uomo il quale si ferma all’apparenza e tutto misura a partire da questo metro. No. Lo sguardo che le riecheggiava dentro era lo sguardo di chi dà voce e fa spazio all’irrilevante: ha guardato l’umiltà della sua serva. E forse ripensava ancora alla differenza che c’è tra ostentazione e ostensione, tra il rigonfiamento dell’arroganza e quello tenero di chi prova a far spazio alla vita.

E ciononostante in cammino.

In cammino: è la consegna che viene fatta a noi oggi. Sembra quasi che per l’evangelista Lc la strada sia il luogo più importante in cui Dio si rivela. Chi davvero ha fatto esperienza dello Spirito di Dio nella sua vita, si mette in cammino e solo chi è in cammino è capace di intuire e di accogliere ciò che lo Spirito suscita nella sua esistenza. In cammino perché ci si apre a un progetto che ti supera.

Credo conosciamo tutti la pena di quando l’annuncio del vangelo finisce per morirci dentro, quando magari girovaghiamo dimenticando di aver ricevuto un evangelo, una notizia di gioia, quando non ricordiamo più che Dio ci ha visitati, foss’anche per un solo istante, non importa. E allora la vita, anche la vita cristiana, diventa recita di un copione prestabilito. Non così per Maria che non recita ma inventa, crea, dischiude nuove opportunità. Tanto è vero che accade l’imprevedibile. Il suo passaggio suscita commozione ed esultanza: appena la voce del tuo saluto… il bambino ha esultato di gioia.

Appena la voce… è bastato il tono della voce, non un discorso, la voce. Può bastare quella, il tono con cui dici le cose, il modo in cui proponi. E ripenso ai miei, ai nostri passaggi, ai miei, ai nostri saluti, alla mia, alla nostra voce: cosa suscitano?

L’incontro tra le due donne diventa una vera e propria Pentecoste: Elisabetta fu piena di Spirito Santo. Quando un volto sfiorò l’altro nell’abbraccio accadde lo Spirito. L’abbraccio una nuova Pentecoste: e ripenso ai miei, ai nostri abbracci. Cosa suscitano? L’incontro: un’esperienza all’interno della quale si tocca con mano ciò da cui siamo abitati. Che bello averti incontrato!, riconosciamo talvolta, a voler testimoniare la bellezza di un incontro e la dolcezza di uno sguardo.


AUTORE: don Antonio SavoneFONTE CANALE YOUTUBETELEGRAM

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