A trattenere Gesù, la folla, i discepoli e noi è, oggi, il deserto. La lezione del deserto. Tutta di nuovo da apprendere quella lezione.
L’uccisione del Battista non poteva non suggerire una presa di distacco dall’attività che Gesù stava svolgendo per riuscire a leggere il senso di quell’evento nella sua esistenza. Quella morte testimoniava il prezzo alto da pagare per la fedeltà al vangelo del regno di Dio. Forse suggeriva una sorta di presa di distanza dalla stessa missione. E, invece, quella folla che si mette sulle sue tracce lo obbliga a riconsiderare tutto di sé, dalla solitudine cercata al farsi pane.
Un motivo ha da esserci se per ben sei volte il vangelo narra di un Dio alle prese con la fame di un popolo. Perché non ne perdessimo la memoria e perché facessimo nostro il suo sentire, quello della compassione nei confronti di tutti, nessuno escluso, dai pubblicani Zaccheo e Matteo a Maria di Betania a Simone il fariseo alla donna di Samaria. Una compassione, quella di Gesù, che mi autorizza a non avere vergogna della mia fame, qualunque volto essa abbia.
Alle prese con la fame dell’uomo. Un Gesù che dopo essersi preso cura dell’infermità della folla si fa carico anche della sua fame. Segno di un Dio che si prende cura e che si lascia scomodare.
Il contesto – quello dell’uccisione del Battista – gli aveva suggerito un momento di stacco presto interrotto da una folla che lo segue, lo cerca. Un Dio alle prese con i problemi reali di quella gente di cui si pone in ascolto.
È sera e il luogo è deserto: nel tempo e nel luogo in cui più facilmente la speranza vacilla, Gesù diventa il segno del Dio-con-noi che non abbandona il suo popolo al suo destino. Quel popolo non è mai ai suoi occhi fuori luogo (deserto) e fuori tempo (è tardi). Mai inopportuno. Per questo Paolo potrà esclamare: chi potrà mai separarci dall’amore di Dio in Cristo Gesù? La folla lo aveva intuito e non aveva esitato a porsi sulle sue orme sfidando luoghi e tempi. Quanta folla ancora oggi sfida luoghi e tempi e troppo spesso non incrocia più lo sguardo compassionevole del Signore Gesù ma quello di chi misura la dignità o meno dell’altrui fame.
A chi, dopo una realistica indagine dello stato delle cose, vorrebbe suggerirgli che la folla venga dispersa e che ognuno provveda per sé, Gesù consegna un comando/invito che resta criterio di verifica del nostro essere suoi discepoli: voi stessi date loro da mangiare, profezia di un altro comando/invito consegnato la vigilia della sua passione: fate questo in memoria di me. Comando/invito oggi fortemente rinnovato di fronte alla fame di uomini e donne stremati dalla fatica o perché non hanno realmente qualcosa da mettere sotto i denti o perché la loro vita ha conosciuto lutti, abbandoni, separazioni…
Fate questo in memoria di me… ossia: Voi stessi date loro da mangiare…
L’ognun per sé – tanto frequente sulle labbra anche di noi credenti – non è criterio evangelico. Non è dato tirarsi fuori: è questo il senso del provare compassione, sentire come il tuo il problema dell’altro. Un uscire da sé per farsi incontro all’altro. Un’esistenza intera, quella di Gesù, nel segno della compassione. Chiunque è chiamato a non temere la sproporzione tra le proprie risorse e l’essere segno dello stesso prendersi cura da parte di Dio.
Non basta aver venduto tutto per comprare la perla preziosa se non si arriva ad essere partecipi dello stesso sentire di Dio. Chi ha riconosciuto la presenza del regno operante nella storia è chiamato a lasciarsi condurre da lui e da quello che lui compie a favore degli uomini. Questa è la vita cristiana.
Quel farsi carico della fame di un popolo era figura e anticipo delle nostre Eucaristie. Quello di Gesù era uno stare a mensa con peccatori, esclusi, cercatori di ogni genere. Deliberata quella condivisione di mensa che ha sempre indicato una scelta di campo se è vero che lo si considerava mangione e beone, amico dei pubblicani e dei peccatori. Un annuncio di salvezza, quello di Gesù, passato sempre attraverso conviti condivisi, soglie varcate nel desiderio di una comunione di mensa, a casa di Zaccheo come in quella di Matteo. Da quella mensa rimangono esclusi solo coloro che sono occupati in altre faccende (cfr. Lc 14,15ss) e che perciò all’invito rivolto mostrano un diniego. Ma da parte del Signore mai nessuno escluso.
Ecco la lezione del deserto da scrivere nella memoria del nostro cuore.
AUTORE: don Antonio Savone
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