don Antonio Savone – Commento al Vangelo del 19 Marzo 2022

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Siamo soliti accostare la figura di Giuseppe secondo certi stereotipi che finiscono per consegnarci un uomo tanto diverso e tanto lontano da noi. Se, invece, lasciamo parlare quel poco che i Vangeli attestano di lui, ci si accorge che non è né diverso né lontano da noi. Ho provato, così, a intrufolarmi nella casa e nel cuore di Giuseppe alle prese con la sua ragazza, Maria, e con quanto ella portava con sé.

La prima cosa che ho scoperto – e mi ha molto riconciliato con la mia vicenda personale – è che nessuna nostra storia si gioca solo tra noi. A volte ci sembra che tutto sia racchiuso e stabilito in quello che riusciamo a pensare, a dire, a fare. E, invece, proprio la storia di Giuseppe e Maria, ci narra di un legame tra terra e cielo. Sì, certo, forse a noi non è capitato di percepire la presenza di un angelo in sogno, ma quante volte abbiamo sentito affiorare dentro un pensiero, una parola, un sentimento che veniva da altrove? Qualcosa o qualcuno che ci ha ricordato che non tutto si gioca sul piano orizzontale delle vicende: c’è altro.

La seconda cosa che ho notato è il fatto che Gesù è nato in un contesto per nulla fiabesco, fatto addirittura di toni violenti e drammatici, proprio come è fatta la nostra vita, di momenti in cui ci sembra toccare il cielo con un dito e di altri in cui ci sembra sprofondare nell’abisso più oscuro. La vita, qualunque versante mostri a noi, è sempre un dono, una grazia, persino nei momenti che meno sembrano essere fecondi.

Come devono essere stati i pensieri di Giuseppe e di Maria nei giorni in cui Dio sceglieva di fare sua la nostra condizione? Forse non diversi dai nostri pensieri quando facciamo di tutto per non smarrire la nostra fede mentre eventi sempre più grandi ci incalzano a lasciare postazioni ben consolidate. Giuseppe e Maria – mi si perdoni l’immagine un po’ irriverente, forse, – incrociano un Dio dietro l’angolo proprio perché hanno scelto di lasciar parlare la vita in tutte le sue sfaccettature.

Tutte le volte che faticano a tenere insieme quanto l’angelo dice loro e quanto si trovano a vivere di fatto, eccolo che Dio spunta di nuovo. La storia di Giuseppe e Maria narra appunto di un Dio nascosto nelle nostre vicende, silenzioso, forse, ma non per questo assente: a lui stanno a cuore i nostri turbamenti, la nostra incapacità a dormire sonni tranquilli quando siamo alle prese con decisioni che potrebbero compromettere la nostra e l’altrui esistenza, le nostre fughe scelte o subite.

Una terza cosa che ho potuto raccogliere dalla vicenda di Giuseppe e di Maria è il fatto che per contare agli occhi di Dio non è necessario vantare un pedigree genealogico di chissà quale portata. Gesù si è inserito in una storia comunissima fatta di gente che non ha lasciato chissà quali memorie del suo passaggio sulla storia e, tuttavia, è stata annoverata nella genealogia del Messia. E come se non bastasse, alle sue spalle c’è tanta gente discutibile che ha fatto esperienza della propria responsabilità nell’operare il male. Quando si dice: da gente così cosa vorresti aspettarti!? Neanche Dio ha avuto bisogno di strappare pagine del suo passato: lo ha assunto così com’era, dandogli uno sbocco nuovo. Forse possiamo capire da chi ha maturato Gesù l’immagine del buon grano e della zizzania chiedendoci di tenerle insieme fino alla fine senza lasciarci attraversare dalla smania di un puritanesimo fine a se stesso. È vero: anche il Figlio di Dio ha dovuto accettare la sua storia e la sua famiglia!

Una quarta cosa che ho riscontrato è il fatto che anche il progetto di Giuseppe e di Maria ha dovuto misurarsi con ciò che la vita chiedeva loro: per questo è possibile amare anche quando si è rinunciato a generare. Giuseppe avrebbe avuto tutti i motivi per rimandare a casa la sua fidanzata e nessuno avrebbe potuto dargli torto: chi di noi non avrebbe avuto nessun tentennamento nel decidere cosa fare quando c’è da mettere a tacere la rabbia e salvare almeno l’onore? Non così Giuseppe. Ha vissuto fino in fondo quello che è proprio dell’innamoramento: la logica del “non io, ma tu”. Chi è innamorato ha un solo chiodo fisso: l’altra persona, il resto è secondario. Giuseppe e Maria si erano promessi amore eterno: la situazione in cui si era venuta a trovare la sua ragazza era il primo test di quell’amore. E proprio in un frangente come questo, Giuseppe continua a ripetere: “Sono con te, qualunque cosa accada”.

Giuseppe resta per noi il segno di un amore che non viene meno, qualunque cosa accada. Avrebbe potuto scegliere una soluzione legale (la legge, infatti, aveva già previsto cosa fare in un caso come il suo): egli, invece, sceglie di andare oltre la legge. E, oltre la legge, c’è l’amore.


AUTORE: don Antonio SavoneFONTE CANALE YOUTUBETELEGRAM