Cosa apprendiamo alla scuola di Luca?
La tradizione ci restituisce tre tratti di Lc: medico, amico, storico. Medico, cioè uno che conosce bene ciò che affligge il nostro cuore e il nostro corpo; amico, uno che coltiva fino in fondo l’amicizia con Paolo, che non doveva certo essere un amico facile; storico, uno che sa far parlare i fatti.
Alla scuola di Lc apprendiamo anzitutto il primato dello Spirito Santo. Tutte le pagine di Lc sono sotto l’azione misteriosa ed efficace dello Spirito. Senza lo Spirito le parole e le opere di Gesù rimarrebbero senza efficacia, parole e opere di un uomo. Per Lc, invece, Gesù è ripieno di Spirito Santo dal suo concepimento verginale fino alla consumazione del sacrificio supremo sulla croce. Che cos’è poi il suo secondo libro, gli Atti degli Apostoli, se non la continuazione e lo sviluppo di ciò che lo Spirito compie mediante l’azione delle prime comunità cristiane?
Alla scuola di Lc apprendiamo poi il primato della misericordia. Lc, infatti, sottolinea la mansuetudine, la mitezza, la compassione e il perdono che Gesù elargisce in misura abbondante. A noi sfugge probabilmente la portata di un simile annuncio in un contesto di legalismo esasperato come quello di scribi e farisei. Quel rabbi non a caso era considerato una presenza eversiva. Gesù affronta questo rischio con consapevolezza deciso a pagarne il prezzo fino in fondo, come attesta la sua stessa passione. Alla scuola di Lc apprendiamo come essere discepoli: egli che pure non ha conosciuto Gesù di persona, sa narrare di lui con una dolcezza unica perché è entrato nel cuore stesso del Signore Gesù.
Lc si misura con cristiani provenienti dal paganesimo. Come pensa di accostare quel suo mondo? Svolgendo accurate ricerche sulla vicenda di Gesù, documentandosi dettagliatamente sui fatti che intende raccontare. Non ci troviamo anche noi di fronte ad un mondo ridiventato pagano? Come lo accostiamo? Certo impegnandoci in una ricerca accurata sui fondamenti della nostra esperienza cristiana ma ancor più provando a ridire il vangelo con una testimonianza più convincente.
Lc ci insegna a non aver paura del contesto non sempre favorevole. Non a caso quando narra della discesa della parola di Dio su Giovanni Battista Lc precisa il contesto in cui questo accade: nell’anno decimo quinto dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea e Filippo, suo fratello, tetrarca dell’Iturea e della Traconitide e Lisania tetrarca dell’Abilene, sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio scese su Giovanni.
I nomi qui evocati sono noti per il loro squallore, Tiberio Cesare, crudele e corrotto, Pilato, vigliacco e cinico, i due esponenti religiosi avevano potuto mantenere le loro posizioni solo grazie a compromessi politici. L’inizio della vicenda di Gesù si svolge in un contesto in cui politica e religione non sono per nulla all’altezza dell’avvenimento in cui Dio stesso si manifesta. Non mi pare sia molto diverso il contesto in cui il Signore ha rivolto a noi la sua chiamata. Non poche volte predominano non le categorie della fede ma quelle del potere. Eppure, è su questa miseria che scende la parola di Dio, è in questa miseria che il mistero di Dio si inserisce per cambiare la storia e l’umanità, è in questa storia povera e talora drammatica che si compie incessantemente il mistero dell’incarnazione.
Dio realizza la sua salvezza nella storia che per Lc non è un susseguirsi di avvenimenti decisi dal caso o dalla sola volontà umana. Per Lc essa è storia di salvezza.
AUTORE: don Antonio SavoneFONTE CANALE YOUTUBETELEGRAM