A Pasqua sono solito rivolgere al Signore questa preghiera-augurio: “Concedimi Signore di “fare Pasqua” passando dal voler imbalsamare il corpo morto del mio passato al riconoscere i segni del nuovo che già germoglia in me”. Perché? Perché la vicenda di Gesù, la vicenda di Pasqua è lì a ricordarci che c’è il rischio di accostare la vita con una sorta di lettura delle cose a metà. Ci ritroviamo sovente come sommersi dal buio, come se stessimo attraversando una lunga interminabile notte. E quello che più ci rammarica è il fatto che a Dio sembra non importare nulla di questo buio e di questa notte. Ma la Pasqua viene proprio a ricordarci che la nostra fede e la nostra speranza nascono dalla certezza che Dio veglia sulle nostre notti.
Tante volte sembra che Dio dorma. “Perché dormi, Signore? Non t’importa che moriamo?”. E invece vegliava.
- Sembrava dormire nella notte del nulla prima della creazione. E invece vegliava. E l’uomo vide la luce.
- Sembrava dormire quando Abramo fu chiamato a sacrificare il proprio figlio. E invece vegliava. E Abramo riebbe il figlio.
- Sembrava dormire quando gli egiziani stavano per raggiungere gli ebrei nelle acque del Mar Rosso. E invece vegliava. E gli ebrei ritrovarono la loro libertà.
- Sembrava dormire Dio quando Gesù moriva sulla croce gridando: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” . E invece vegliava: e dopo tre giorni il Figlio è risorto.
Le notti della veglia di Dio nella storia ci insegnano che noi sbagliamo a credere che Dio si sia addormentato solo perché il suo passaggio non avviene nell’ora e nel modo in cui noi pretendiamo. Dio è un Dio che veglia. Tu continua solo ad avere fede, ripeterà Gesù a un papà nel vangelo.
Quando il Cristo risorge nessuno lo vede risorgere. Tutt’altro che spettacolo: è risorto e lo scambiano per il giardiniere, è risorto e lo scambiano per un viandante, è risorto e lo scambiano per un fantasma. Non può essere che anche in noi ci siano già i segni della risurrezione ma continuiamo a guardare le cose a partire dalla prospettiva vecchia e malata della morte? Ecco la preghiera-augurio di cui parlavo.
Quanta pace infonde in noi il sapere che appena risorto, il Signore Gesù non ha parole di rimprovero per i suoi che pure lo avevano abbandonato! Appena risorto egli pensa a loro e a loro offre la pace come certezza di un perdono accordato in anticipo.
Non è forse una chiave di lettura quella che ci propone il vangelo odierno quando dice che “le donne corsero a dare l’annunzio ai discepoli. Ed Ecco Gesù venne loro incontro”? Lo si riconosce se già i passi accettano la proposta di mettersi in cammino, se gli occhi cominciano a scrutare più in profondità non accontentandosi di una lettura rassegnata delle cose.
Nessun reporter ha mai fotografato la risurrezione. Nessuno ha portato prove oggettive e scientifiche. Ma ciò che la attesta è una vita attraversata dall’amore non in luoghi o esperienze misticheggianti ma in quella Galilea che è la trama delle nostre giornate.
Una leggenda racconta che due bambini stavano pattinando su un lago congelato.
Era un pomeriggio nuvoloso e freddo e i bambini giocavano senza preoccupazione.
All’improvviso il ghiaccio si ruppe e uno dei due bambini cadde nell’acqua.
L’altro bambino vedendo che il suo amico stava annegando sotto il ghiaccio, prese una pietra e cominciò a colpire sopra con tutte le sue forze, riuscendo a romperlo e a salvare il suo amico.
Quando i pompieri arrivarono e videro quello che era successo, domandarono al bambino: “Come sei riuscito a fare questo?”
E’ impossibile che tu abbia rotto il ghiaccio con questa pietra e con mani così piccole!
Nello stesso istante apparve un vecchio e disse: “Io so come ha fatto”.
Tutti domandarono: “Come”? E il vecchio rispose: “Non c’era nessuno intorno a sé per dirgli che non poteva farcela!”. (Albert Einstein).
AUTORE: don Antonio SavoneFONTE CANALE YOUTUBETELEGRAM