Non si tratta di un’offerta a ribasso quella che la Parola di questo martedì d’Avvento consegna alla Chiesa. Mentre mette davanti a noi pubblicani e prostitute, il Signore Gesù non intende dire che per accogliere la grazia della sua venuta sia necessario abbassare la guardia dal punto di vista morale. Anzi, tutt’altro! Il Signore intende avvertirci, piuttosto, circa quell’atteggiamento di supponenza o di superficialità che attraversa non poche volte il cuore delle persone che pure hanno fatto esperienza della misericordia di Dio.
Non è scontato e tantomeno indolore accogliere il Figlio di Dio nella nostra esistenza. Può accadere anche a noi di ritrovarci nella stessa condizione di chi dice: “Non ne ho voglia”. E le motivazioni possono essere le più svariate. Generare l’uomo pensato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera, è sempre un’operazione che richiede un travaglio.
Il problema di fondo è proprio smettere quella resistenza continua che tanto caratterizza il nostro cuore tanto da impedirci di riconoscere i molteplici passaggi di Dio nella nostra vita. Mettersi in discussione è operazione da persone intelligenti. Pubblicani e peccatori hanno provato vergogna dei loro fallimenti e hanno intrapreso un serio cammino di conversione che li ha portati a vedersi spalancare davanti porte che fino a poco prima erano a loro chiuse. Non così scribi e farisei che in modo ostinato hanno rifiutato la predicazione del Battista nascondendosi dietro la loro ipocrisia. A volte la vergogna di riconoscere il necessario cambiamento da operare può giocare un brutto peso.
Tanto pubblicani e prostitute quanto Giovanni Battista stanno di fronte al mistero della vita che eccede ogni loro aspettativa, con l’animo di chi si riconosce bisognoso di rivisitare il proprio modo di vedere, di pensare, di sentire, di vivere. Chi non vuol essere svergognato, infatti, fa in fretta a concludere di non aver nulla da cambiare.
È una grazia riconoscere il proprio stato d’animo – “Non ne ho voglia” – come è una grazia imparare a superare i moti primi. Può accadere che per evitare di smentire noi stessi, finiamo per non accogliere l’invito alla conversione, la quale passa non attraverso proclami ma si incarna in una scelta concreta di vita.
Non basta essere figli di Abramo per sentirsi garantiti a proposito della salvezza: essa, infatti, è sempre qualcosa che ha a che fare con la tua persona e con le tue scelte.
AUTORE: don Antonio SavoneFONTE CANALE YOUTUBETELEGRAM