don Antonio Savone – Commento al Vangelo del 14 Maggio 2022

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La festa liturgica dell’apostolo Mattia, ci riporta nel contesto dell’ultima cena là dove il Signore Gesù ci rivela il senso e il motivo di tutto quello che ha fatto e detto, la sua vita e la sua morte: perché ci amava.

L’amore non ha motivazioni, non ha un perché ma è racchiuso nell’ordine della gratuità. “In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi… Ci ha amati per primo” (1Gv 4,10.19).

Se tutta la Scrittura potesse mettersi a parlare insieme e racchiudere, come per miracolo, tutto ciò che essa contiene e che in essa vi è scritto in una sorta di grido, essa annuncerebbe solo questo: “Dio vi ama!”. Dice sant’Agostino che se per disgrazia un incendio dovesse bruciare tutti i testi della Parola di Dio che sono presenti sulla terra e che questo incendio dovesse salvare quella parola di 1Gv 4,8 “Dio è amore”, noi avremmo comunque tutta la Scrittura.

Un amore che trova le sue radici nel “da sempre”, nell’eternità e che pure si è manifestato nel tempo, attraverso gesti concreti che costituiscono quella che noi oggi chiamiamo storia della salvezza, che non è una storia altra da quella che gli uomini hanno vissuto ma è la storia letta, guardata con gli occhi di Dio. Quante volte noi invece siamo tentati di pensare che anche la nostra storia di salvezza corra magari su un binario parallelo a quello che invece costituisce il nostro quotidiano.

Dio ci ha parlato più volte e in diversi modi di questo suo amore, afferma Eb 1,1. In Ger 31,3 arriva addirittura a dichiarare questo suo amore: “Ti ho amato di amore eterno”. Dio, però, non si è accontentato di parlarci del suo amore attraverso intermediari, per interposta persona. Eb 1,2 così continua: “Ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio”. Gesù non si è limitato a parlarci dell’amore di Dio: egli è l’amore di Dio per noi!

Un amore che è fino all’estremo: “Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine” (Gv 13,1). Sono due le cose che manifestano il vero amore: fare del bene a chi si ama e questo Dio lo ha vissuto con noi in particolar modo nella creazione e arrivare a soffrire per lui, cosa che Dio ha sperimentato nella vicenda terrena di Gesù. Ben a ragione il Signore potrà dire a Santa Angela da Foligno: “Non ti ho amato per scherzo”. Ritornano le parole delle Lamentazioni: “Popolo mio, che cosa potevo fare di più per te che non ho fatto? Rispondimi!”.

Se voglio sapere quanto e come Dio mi ama, devo guardare quanto ha sofferto! “Così Dio ha amato il mondo!” (Gv 3,16).
Crediamo veramente che Dio ci ama? Se ci credessimo veramente, tutto, la nostra vita, le cose, noi stessi, gli avvenimenti, tutto si trasfigurerebbe davanti ai nostri occhi. Sarebbe il paradiso in terra, se il paradiso è gioire e vivere dell’amore di Dio. Se volessimo per un attimo dispiegare la storia di ciascuno di noi essa attesterebbe innumerevoli tradimenti, infinite delusioni e chi è stato tradito una volta, ha paura di amare e di essere amato, perché ha paura di essere ingannato. E allora aumenta sempre più la schiera di chi non solo non riesce a credere all’amore di Dio, ma a nessun amore.

Lasciamoci coinvolgere in questa esperienza di amore da parte di Dio, non abbiamo paura, accogliamo questa buona notizia che Dio ama me, preso come sono qui e ora. Non abbiamo paura della nostra indegnità: “Qualunque cosa il nostro cuore ci rimproveri, Dio è più grande del nostro cuore”.

“Come io vi ho amato così amatevi gli uni gli altri” (Gv 15,12). Si tratta davvero di un amore a circuito aperto: l’amore del Padre si fa visibile nel Figlio; dal Figlio, per mezzo dello Spirito, viene a noi (Rm 5,5); da noi, ancora per opera dello Spirito, ridonda sull’altro: “Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi… Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato” (Gv 16,9.12).

L’altro va amato non perché Dio ci comanda di amarlo e neppure perché esso è amato da Dio e perciò stesso degno di essere amato da noi, ma perché Dio ha riversato in noi il suo stesso amore per quel fratello. La carità, infatti, è un divenire partecipi dell’amore stesso di Dio, è una capacità nuova di amare come ama Dio. Ognuno dei fratelli che bussa è perciò un creditore che esige il suo debito. Per questo Paolo afferma: “Non abbiate alcun debito con nessuno, se non quello di un amore vicendevole” (Rm 13,8). Anche se non sempre gli si può dare quello che chiede, non possiamo mai rimandarlo a mani vuote.


AUTORE: don Antonio SavoneFONTE CANALE YOUTUBETELEGRAM