Gesù sapeva che gli apostoli non avrebbero resistito: si sarebbero dispersi ciascuno nel loro proprio. Per questo, dopo aver lavato i loro piedi, aveva avuto attenzione anche per la loro incapacità a portare il peso di quanto stava per accadere: per ora non siete capaci… Quasi mettesse in conto che a certi livelli di lettura e di comprensione delle situazioni e – perché no? – persino a un certo modo di esprimere e testimoniare la fede, si accede solo gradualmente. Se non perdessimo di vista questa pedagogia di Gesù! Quegli uomini avevano condiviso tanto, tutto di lui, eppure ancora non erano in grado di manifestare fino in fondo la loro appartenenza a lui nonostante più volte avessero professato la loro disponibilità persino a morire per lui.
Sapeva che non avrebbero retto il confronto con gli eventi drammatici che di lì a poco si sarebbero scatenati sulla sua persona e sulla sua opera. Sarebbe stato necessario un dono dall’alto, una forza senza la quale nulla è nell’uomo, quella dello Spirito, il solo che avrebbe consentito di leggere quel modo di procedere delle cose, non già come la fine del tutto ma come un passaggio necessario per poter accedere alla vita stessa di Dio. È lo Spirito che consente di credere che la crepa che c’è in ogni situazione, è il tramite attraverso il quale penetra la luce stessa di Dio nella nostra esistenza.
Quante cose non comprendiamo! Di quante ci sfugge la plausibilità ! Di quante altre non disponiamo di alcun codice interpretativo di accesso, mentre fatichiamo a stare a contatto con eventi che sembrano avere la meglio su di noi! Misuriamo ogni giorno di più di non essere affatto attrezzati ad esprimere un approccio sereno con l’imprevisto, l’ineludibile. Ciò che stupisce, a rileggere il vangelo, è proprio il fatto che a Gesù sembra non faccia problema questo dover riconoscere una nostra strutturale impotenza. E l’aver messo in conto le cose in anticipo, pure assicurandoli del dono dello Spirito Santo, non farà sì che Giuda non lo tradisca o Pietro non lo rinneghi.
Lo Spirito di cui Gesù ci fa dono è ciò che permetterà a Pietro di rileggere il suo rinnegamento non più come un aver abbandonato il Maestro al suo destino di morte, ma come l’evento grazie al quale egli ha toccato con mano fino a che punto è stato amato.
Lo Spirito di cui Gesù ci fa dono è ciò che permetterà a Tommaso di leggere le piaghe di Gesù non più come segno di morte ma come la porta di accesso alla misericordia di Dio.
Lo Spirito farà sì che la cronaca dei fatti registrata dai due di Emmaus venga illuminata di nuova luce, quella che a loro manca, convinti come sono che per dare gloria a Dio, le cose avrebbero dovuto prendere tutt’altro corso.
È lo Spirito che fa riconoscere la gloria di Dio nel Crocifisso. È lo Spirito che fa credere che dalle ferite del Signore possa scaturire la gioia per i discepoli. Lo Spirito è colui che continuamente attesta al nostro cuore che vale la pena dare credito ad una vita vissuta nello stile del Figlio di Dio. È lo Spirito che difende Gesù nel cuore dei discepoli quando esso sarà preda dell’angoscia e della solitudine.
Penso alle tante nostre situazioni di sconfitte, quelle che noi annoveriamo senza la luce di un senso. Forse è per la nostra incapacità a lasciarci ammaestrare dallo Spirito di Dio che le attraversiamo senza speranza. Che cos’è, in fondo la vita spirituale, se non un leggere continuamente la nostra vita, la nostra storia con le sue zone di luce e di tenebra, dalla prospettiva di Dio secondo la quale non c’è alcun materiale di scarto ma tutto è prezioso perché la sua opera si compia in noi?
Ciò che fa la differenza nelle pieghe della storia non è l’essere risparmiati dalla contraddizione ma la consapevolezza che a guidarci, anche in quei frangenti, ancora in quei frangenti, è lo Spirito stesso di Dio. Guai a spegnerlo, allora. Altre logiche prenderebbero il sopravvento, i cui frutti sono ben noti e sono sotto gli occhi di tutti.
AUTORE: don Antonio SavoneFONTE CANALE YOUTUBETELEGRAM