‘Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello?…’
Accade – più spesso di quanto si possa immaginare – che le relazioni tra fratelli siano vissute non già in base al legame di fraternità ma ad una supposta superiorità. Di fronte all’errore del fratello, infatti, ci si pone con l’atteggiamento di chi vuole vedere riconosciuta una sua autorità che gli consenta di mettere l’altro di fronte al proprio male. Talvolta, infatti, si registra una tale sopravvalutazione di se stessi e del proprio pedigree, da decadere dal legame di fraternità.
Di fronte al fratello che sbaglia non posso certo vantare alcuna immacolatezza. Per questo il decidere di prendere posizione contro il peccato del fratello non può mai accadere se perdo la consapevolezza del mio peccato e del mio personale bisogno di conversione e di misericordia. Quello che viviamo non è ancora il tempo del giudizio (che, qualora l’avessimo dimenticato, non spetta certo a noi) ma quello della misericordia.
Nel cammino della vita, io non precedo nessuno: infatti, se sono onesto, devo riconoscere di condividere con ogni uomo la stessa fragilità e il medesimo bisogno di ravvedermi. Nessuno di noi è guida di un altro ma solo compagno di cammino, un cammino che può essere compiuto solo nella fiducia reciproca. Se perdo la memoria del perdono a me concesso infinite volte non posso non pormi di fronte al male altrui con durezza e con disprezzo. Durezza e disprezzo, infatti, fanno di noi solo degli affossatori del fratello, non già occasione perché l’altro possa essere sollevato da certi pesi.
È il giusto sguardo su di sé a permettere attenzione e delicatezza verso gli altri.
AUTORE: don Antonio Savone
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