Di quante cose era memoria quella rigida giornata di inverno che vedeva sempre più distanti il Maestro che parlava di un legame con le sue pecore che non viene mai meno perché nessuno può rapirle dalla sua mano e i Giudei che per tutta risposta portarono di nuovo delle pietre per lapidare Gesù (v. 31). Da una parte Gesù attraversato da un’unica grande passione, quella che gli uomini abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza e dall’altra una volontà omicida che cercava solo di coglierlo in fallo. Non era solo climatico quell’inverno: gelido era il cuore.
Erano andati da lui perché manifestamente dicesse chi fosse e cosa volesse. E vi erano andati con pietre nelle mani. A costoro Gesù replica che le mani hanno tutt’altra funzione. Le mani sono fatte per custodire, per proteggere, per tenere uniti. Almeno, così sono le mani di Dio. Mani a protezione, non di sé ma di me. Tutti conosciamo la forte valenza simbolica che ha il dire a qualcuno: sei in buone mani oppure non sai in che mani ti metti. Le mani di Dio: in buone mani.
“Come madre appassionata dal mistero della crescita del figlio, Dio ci lascia scorrazzare e magari anche cadere, pronto a riprenderci in braccio, a tenderci la mano e tenerci aggrappati nel momento del pianto”. Le mani di Dio… Non ci lascerebbero per nessun motivo. Io sono per Dio, una passione in grado di attraversare tradimenti, delusioni, pericoli, tutto.
Ecco la lieta notizia per ciascuno di noi: come passeri il nostro nido è nelle sue mani. Per questo come bambini ci aggrappiamo forte a quella mano che non ci lascerà cadere. La mia vita dentro uno sguardo – l’essere conosciuti – e un gesto d’amore – tenuti stretti dalle sue mani.
Nelle tue mani affido la mia vita. Le mani di Dio sono mani che volentieri restano impigliate nella nostra vicenda, sono mani che proteggono la fiammella smorta, sono mani che toccano il cieco perché veda, sono mani che scrivono nella polvere e che non scagliano mai pietre, mani trafitte offerte all’incredulo Tommaso che è ciascuno di noi. La vita piena è sapere di avere un posto nelle mani di Dio.
Io conosco le mie pecore. Dio tesse con noi, con ciascuno di noi, per vie solo a lui note, un rapporto personale. Per lui non sarò mai un numero: gli appartengo, gli sto a cuore. Tanto gli sto a cuore che non si dà pace qualora dovessi intraprendere percorsi fuorvianti: è disposto a lasciare tutto pur di mettersi in cerca di me. Proprio di me. Gli sta a cuore persino la mia lontananza.
Le mie pecore ascoltano la mia voce.
Nella mia vita c’è qualcuno che mi parla, che mi chiama. C’è una voce che supera ogni distanza. Su di me si posa uno sguardo, per me c’è una parola, a me è rivolto un appello. La voce dice relazione, dice intimità. La voce conta molto più delle cose dette. Pensate cosa significa per ciascuno di noi essere riconosciuto dalla voce: quali trasalimenti! La voce seduce. La riconosci tra mille.
Nello smarrimento, quando il cuore è in tumulto, quella voce restituisce pace perché mi restituisce la percezione di stare a cuore a Dio; nell’indecisione essa indica il cammino da seguire; nel peccato essa attesta che Dio è più grande del tuo cuore.
Le mie pecore ascoltano la mia voce. Non ci sono rivelazioni eccezionali, tutto avviene nella trama delle nostre situazioni. Se osservo i volti delle persone che incontro, se ascolto le aspirazioni che mi porto dentro, se mi metto in ascolto dei miei momenti lieti e tristi posso sentire questa voce o almeno qualcosa di questa voce, una parola, un frammento di un lungo discorso.
Le mie pecore ascoltano la mia voce ed esse mi seguono.
Chi ascolta la voce che rivela quanto sono amato non può non sentire il bisogno di mettersi dietro Gesù, assomigliare a lui. L’amore, lo sappiamo, si segue, non si impara. Non è questione di nozioni ma di condivisioni. Comprendo il grado dell’amore da quanto e da che cosa si è disposti a condividere.
Io do loro la vita eterna. La vita si trasmette con la vita. La vita eterna già ora. Infatti non dice io darò ma io do loro. La vita eterna oggi. La vita eterna è l’esercizio di una consapevolezza: quella di sapere che nella mia vicenda c’è un Padre e che il suo amore è fedele: nessuno può rapirle dalla mano del Padre mio. Quale forza in queste parole! La vita eterna oggi: sono nelle sue mani, questo mi basta.
E’ possibile, però, non ascoltare questa voce. E la pagina degli Atti ne è una sorta di riscontro. E quelli che non hanno ascoltato non erano degli atei ma dei credenti in Dio.
Niente e nessuno può rapirci dalle mani di Dio. Soltanto la nostra libertà: questa sì, ha un potere più forte dell’amore di Dio. Di fronte ad essa, per amore Dio si ferma.
AUTORE: don Antonio SavoneFONTE CANALE YOUTUBETELEGRAM