Deve aver senz’altro subito uno scossone Pietro nel vedere quell’uomo che di fronte alla proposta di Gesù di vendere tutto, darlo ai poveri e seguirlo se ne era andato triste. Chissà cosa deve aver attraversato l’animo di Pietro mentre Gesù provava a tirar fuori da quell’uomo una disponibilità che non verrà mai. Chissà cosa deve aver pensato mentre Gesù si abbandonava ad un disincantato commento circa coloro che hanno ricchezze.
A questo punto Pietro proprio non riesce a trattenersi e tenta una sorta di bilancio e lo fa anche a nome degli altri suoi compagni: Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito…
Abbiamo lasciato tutto: certo avevano lasciato casa, famiglia, villaggio, amici, mestiere, ma soprattutto avevano messo in discussione idee, progetti, usi, abitudini. Da pescatori si erano ritrovati itineranti; loro che erano esperti del mare si erano ritrovati discepoli; la loro era una vita fatta di piccole certezze e ora, invece, neppure una. Tutto all’insegna del provvisorio. Avevano davvero lasciato tutto! Quanto grande doveva essere la ricompensa!
Pietro, tuttavia, è ancora chiuso in una logica contrattualistica: nessuno fa niente per niente.
Pietro nell’evocare il tutto lasciato mette a fuoco alcune aree della sua vita e prova a farne un bilancio. Si tratta dell’area affettiva (chi mi vuole bene?), dell’area decisionale (cosa conto?), quella dei mezzi a disposizione (di che cosa dispongo?), poi quella dell’immagine sociale (che cosa pensano gli altri di me?), quella ancora del significato (che senso ha?) e infine quella della identità (chi sono?)
Pietro vive un vero e proprio momento di perplessità le cui conseguenze non sono ancora chiare. Accade anche a noi di attraversare l’esperienza dell’incertezza e del tentennamento che in genere assumono varie sfaccettature: sento che mi si chiede troppo…; perché rinunciare a disporre della mia volontà? Perché rinunciare a un affetto o una carriera? e se fosse tutto una illusione? quali garanzie come contropartita? cosa può voler dire fidarmi fino in fondo? perché rinunciare a cose pur legittime?
A questo punto non tarda l’intervento di Gesù il quale assicura una ricompensa inimmaginabile già ora e poi per la vita eterna. Ma chiede a Pietro e agli altri un cambio di prospettiva:
- da una logica contrattuale a una scelta di fede e di amore;
- dall’avere dei beni all’essere della persona;
- dalla ricerca di qualcosa per sé al vivere in comunione con lui.
Seguire lui è vita, non rinuncia (cfr. Fil 3,3-14).
A Pietro che chiede cosa potrà ricevere in cambio, Gesù spiega il valore e la fecondità di quella sua scelta.
Se è vero che si lascia è altrettanto vero che si ritrova tutto. Certo, nessuna parcella immediata per il lavoro svolto: qui siamo oltre le categorie di premio/ricompensa. Qui la prospettiva ha l’orizzonte dell’eternità. Ma, nel contempo accade già qualcosa qui, ora:
- una fraternità che ti accoglie
- un’affettività che va oltre il generare e non per questo impedita dall’essere dono per gli altri
- una comunione con il Signore che tutti coinvolge
- una sicurezza economica di altro genere.
Cento volte tanto: Gesù promuove con la sua proposta una cultura di comunione che non abolisce la proprietà ma tutto fa sentire come nostro, realtà affidata a noi e al nostro amore fraterno. Quel lasciare proposto da Gesù è inizio di creazione nuova, fuori dall’ansia del possedere, capaci di perdono e di amore.
Quali le condizioni per avere il centuplo?
Per me… A fare la differenza è la persona del Signore Gesù. Nella comunione con lui ha già inizio la vita eterna: questa è la vita: conoscere te e colui che hai mandato. Lasciare tutto per lui non è seguire un’idea, non è un cavalcare l’onda dell’entusiasmo, non è neppure andar dietro a una utopia. Seguire lui vuol dire lasciarsi continuamente spostare orizzonti e confini.
Per il vangelo… Fare del vangelo la ragione della propria vita tanto da dipenderne.
Insieme a persecuzioni… l’essere confrontati fa parte della posta in gioco. Lontani da ogni trionfalismo: la strada, per il maestro come per il discepolo, è quella del mistero pasquale. Comporterà senz’altro derisione, isolamento, emarginazione, sofferenza di essere ridotti, trovare porte chiuse.
La proposta è per tutti: per alcuni a livello di preferenzialità, di priorità, di saper anteporre, per altri di esclusività, secondo la propria vocazione.
Lasciare significa interpretare in modo nuovo tutto quello che siamo e che abbiamo: nostra è la responsabilità di amministrare bene la nostra vita, ma la nostra vita è bene amministrata quando non distogliamo lo sguardo dagli altri, soprattutto da chi è nel bisogno.
AUTORE: don Antonio SavoneFONTE CANALE YOUTUBETELEGRAM