Un discorso strano quello di Gesù, composto da due parti che sembrano disconnesse.
Nella prima parte Gesù parla di fatti di cronaca. Nella seconda parte racconta una parabola. Qual è il nesso?
I fatti di cronaca potrebbero essere molto attuali o, comunque, attualizzati. Gesù cita due fatti che hanno provocato morte. Nel primo caso la morte è causata dall’uomo (Pilato… ma potrebbero essere anche i responsabili dell’attuale guerra!), dalla sua malvagità. Nel secondo caso i morti sono causati da una catastrofe naturale (la caduta della torre di Siloe… ma potrebbe essere anche il coronavirus… o un terremoto!). In un caso o in un altro, Gesù chiarisce che non c’è connessione diretta tra peccato e morte: chi muore all’improvviso per una catastrofe, chi muore per mano d’uomo, non è più peccatore di chi muore da anziano dopo essersi goduta tutta una vita!
Non c’è nessuna correlazione diretta morte-peccato personale voluta da Dio.
Esiste la vita, esiste la morte, esiste la libertà dell’uomo! Tutti quelli che vivono, in un modo o in un altro… moriranno! Triste (forse) ma inevitabile realtà!
Cosa fare, dunque? Cosa fare in attesa della nostra morte?
Risponde a questa domanda la seconda parte del vangelo, la parabola del fico che semplicemente possiamo riassumere così: portare frutto!
Insomma… non pensare alla morte… non pensare come morirai, se per una malattia, una catastrofe naturale o fatto fuori da mano di uomo… pensa piuttosto a portare frutto, perché siamo nati per portare frutto… per lasciare segni nella vita degli altri e non cicatrici… siamo nati per amare, perché, alla fine, sarà l’amore che abbiamo dato che sopravvivrà alla nostra morte!
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AUTORE: Don Antonio Mancuso PAGINA FACEBOOK
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