Testo tratto (per gentile concessione dell’autore) dal libro “Parole che si vedono. Commenti ai Vangeli della Domenica dell’Anno B” disponibile presso:
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Santissimo Corpo e Sangue di Cristo
Eucaristia, l’Amore che non scappa
I discepoli si preparano a vivere la Pasqua come la tradizione chiede, nella città santa, con tutto il corredo di segni liturgici e motivi spirituali stabiliti da una storia più che millenaria. Prendono l’iniziativa ma chiedono al Maestro di indicare loro il luogo «perché tu possa mangiare la Pasqua», presagendo inconsapevolmente che quella sarebbe stata la vera Pasqua di Cristo da questo mondo al Padre. Gesù risponde dando istruzioni precise sulla fase preparatoria della cena, come un regista che si prefigura ogni singola scena del film, di cui Egli però è anche protagonista, e che gli altri neanche immaginano.
«Vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua», compito solitamente riservato alle donne, ma l’evento che si celebrerà inaugurerà un nuovo modo di vivere le relazioni, in cui ciò che conta non è la differenza di genere o il rango sociale, bensì la comune fraternità in Cristo. Il pasto sarà consumato «al piano superiore», in «una grande sala, arredata e già pronta». Il piano di sopra richiama il monte alto, luogo della rivelazione di Dio, e più specificamente negli Atti degli Apostoli indica un luogo che ha a che fare con la risurrezione: lì a Pentecoste i testimoni della risurrezione riceveranno lo Spirito Santo; lì Pietro risusciterà Tabità e sempre in una stanza superiore Paolo risusciterà Eutico.
È necessario che ci collochiamo nella zona di Dio, elevandoci dalle bassezze della mediocrità e dello scoraggiamento, per ricevere il dono di una vita risorta. Questa stanza è adorna di tappeti, che erano segno di una condizione di benessere e libertà. Gli apostoli, che pensano di celebrare la liberazione dalla schiavitù egiziana, scopriranno invece di essere testimoni della liberazione definitiva dal peccato e dalla morte mediante la nuova alleanza siglata dal sangue del vero Agnello.
In questo scenario Gesù compie i gesti più sacri della sua missione in mezzo agli uomini, gesti impressi nella memoria vivente della Chiesa fin dalle origini, che sono diventati fonte e culmine della vita cristiana. Mi chiedo perché tanti uomini da duemila anni, sia pur con una fede non sempre da ‘piano superiore’, ma spesso incerta, continuino a vedere in un pezzo di pane e in un sorso di vino la presenza reale del loro Dio. ‘Presenza’: è il grido del cuore di chi sperimenta assenze lancinanti, la speranza di amori tenuti distanti dagli eventi, la ragione di vita di chi si sente schiacciato dal peso della solitudine. Un adolescente mi diceva: ‘Mia madre ci ha abbandonati tre anni fa per andarsene con un altro uomo’. Non ho avuto la prontezza, non l’ho più rivisto, ma avrei voluto rispondergli che, come il pane lo trovi sempre e racconta la storia di un Dio che resta e non scappa, anche le briciole di un amore spezzato dalla fragilità possono per adesso nutrirlo, in attesa di ritrovare il lievito madre. Mi rendo conto che se non ci fosse l’Eucaristia, pane di vita, non avremmo come nutrire la fame d’amore di molti fratelli a cui la vita ha tolto tanto.
«Prese il pane», non il frumento, il solo frutto della terra, ma anche la fatica dell’uomo, perché quando trasformi ciò che la natura ti regala, senza manipolarla, la tua opera è gradita a Dio e da Lui trasfigurata di una luce divina. «Recitò la benedizione», non prese senza alzare gli occhi al cielo, perché ci ricordiamo l’origine divina del dono e per inserirlo nella catena ininterrotta di benedizioni che da Abramo in poi Yhwh ha riservato al popolo, dichiarandogli la sua benevolenza. «Lo spezzò», non lo lasciò integro, perché più ti fai in mille pezzi più raggiungi i fratelli dispersi per ricondurli alla meravigliosa unità di chi si sente parte del corpo di Cristo. «Lo diede», non lo trattenne, perché puoi parlare tanto di carità, ma se non accetti una perdita intima, radicale, definitiva, non comunicherai con purezza di cuore al prossimo la bellezza di perdersi per trovare Dio e se stessi nel volto dell’altro.
Con l’offerta di se stesso, Cristo vuole farci entrare nella logica di una gioia che nasce dal dono e che ti restituisce la consapevolezza che, mentre ti offri agli altri, comprendi il valore del dono di Colui che prima lo ha fatto per te, sei in comunione con Lui, diventi ciò che mangi e doni ciò che hai assimilato, in uno scambio d’amore con Dio e con i fratelli che di passo in passo ti porterà al banchetto eterno, perché una vita eucaristica è già l’inizio della vita eterna. Usciamo anche noi insieme ai discepoli dietro a Gesù, dopo aver celebrato la Pasqua domenicale, e annunciamo che l’Amore è presente e non scappa via.