Testo tratto (per gentile concessione dell’autore) dal libro “Parole che si cantano. Commenti ai Vangeli della Domeniche dell’Anno C” disponibile presso:
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1a Domenica di Avvento
C’è sempre un’alternativa al male
Uno degli insegnamenti più originali che Gesù è venuto a portarci è che c’è sempre un’alternativa al male. Quasi mai nel corso della storia precedente era stata presa davvero sul serio questa possibilità, e anche chi era deputato a contrastare il male spesso agiva somministrando una cura peggiore della malattia. Cristo invece è l’autentico profeta della non violenza, il quale viene sulle nubi che si addensano sul nostro cammino con armi diverse da quelle degli imperi umani, «con grande potenza e gloria», come il Figlio dell’uomo annunciato dal profeta Daniele, segno delle promesse di Dio che si compiono. E in questo vangelo, costellato di eclatanti segni cosmici indicanti il dramma della creazione e della storia che si avviano verso il loro epilogo, Egli è il segno vittorioso del bene che alla fine dei tempi trionferà sul male.
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Luca parla di una «angoscia di popoli» terrorizzati dallo stravolgimento degli astri, del mare e della terra che, pur riferendosi al giorno del giudizio secondo il linguaggio apocalittico, ben si addice anche allo stato d’animo di questa nostra generazione: è la paura radicale, quella della morte, a celarsi dietro le «dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita», in cui anche oggi tanta gente si ripiega. Sono tutti stili di vita che ispessiscono le pareti del cuore, rendendolo impermeabile all’azione dell’amore. Dissipare un bene significa sprecarne la bellezza, e quanta intelligenza spesso è buttata via in cose banali o addirittura dannose! Oggi molti giovani vengono accusati dagli adulti di non apprezzare e vivere i valori civili e religiosi che hanno costruito il nostro paese nel dopoguerra, per cui la generazione dei figli sembrerebbe aver tradito ciò per cui hanno lottato e si sono sacrificati i padri. Ma siamo davvero sicuri che l’unico passatempo di un adolescente sia scommettere sulle partite di calcio o pubblicare ‘storie’ su Instagram? Siamo certi che un giovane universitario sia solo interessato a trovare la migliore ‘sistemazione’ lavorativa senza la capacità di guardare oltre se stesso? I numerosi esempi di ragazzi che si distinguono in varie forme di volontariato smentiscono tali luoghi comuni, ma se a volte è riscontrabile nel mondo giovanile qualche manifestazione di disimpegno e indolenza, forse bisogna domandarsi quanto la corruzione perpetuata dagli adulti nella pubblica amministrazione e nelle relazioni affettive sia motivo di scandalo e disillusione per i più piccoli. C’è bisogno di vedere testimoni adulti e credibili di una fede che muove la vita, per evitare di sciupare il bene più grande, la figliolanza divina, che Gesù ci ha riconquistato sulla croce.
Le ubriachezze sono i piaceri di cui ci nutriamo senza discernimento, senza cioè prima pensare se accrescono o diminuiscono il nostro bene. Gli affanni sono rappresentati dalle cose che inseguiamo: si investono le energie migliori in realtà penultime, che un giorno ci verranno tolte.
Il vangelo pone un’alternativa a tanto ripiegamento regalandoci un nuovo respiro: «risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina». Solo chi considera la meta ultima della vita e non assolutizza il cammino terreno è capace di resistere alla sfida del tempo che passa senza soccombere alla paura della morte ed è dunque liberato dalla precarietà di questo mondo, a differenza di chi ne rimane invischiato per aver scelto un’impostazione di vita autocentrata. Per questi ultimi il giudizio di Dio è come un «laccio» che decreta il fallimento di un’esistenza gretta, mentre, per chi sa vegliare, tale giudizio si attua ogni giorno come esperienza di salvezza che il credente riceve in abbondanza dalle mani del Padre e come capacità di lettura lucida e pacificata della propria vita. Il modo migliore per cogliere il senso degli eventi che accadono, i quali inevitabilmente rimangono oscuri se non si è svegli e attenti nell’elaborarli, è la preghiera, un dialogo vivo e ininterrotto con Dio. Caino uccide il fratello non perché prova gelosia e rabbia, sentimenti che tutti noi viviamo, ma perché interrompe il dialogo col Creatore che lo interroga sul suo stato interiore.
Siamo invitati a vivere l’Avvento con grande vigilanza d’animo, come una madre che attende la nascita del suo bambino, una tensione che dilata il cuore e non lo restringe e, dunque, ci permette di rimanere in Cristo, nella preghiera e nella contemplazione di ogni più piccolo segno che richiama e fa sentire la sua presenza. Vivere così libera da tutto ciò che appesantisce il cuore e ci fa assaporare fin da ora l’eternità.
don Antonino Sgrò