don Antonino Sgrò – Commento al Vangelo di domenica 23 Luglio 2023

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16a Domenica del Tempo Ordinario

La differenza è nello sguardo

Mt 13,24-43

In quel tempo, Gesù 24 espose loro un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. 25 Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. 26 Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. 27 Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: “Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?”. 28 Ed egli rispose loro: “Un nemico ha fatto questo!”. E i servi gli dissero: “Vuoi che andiamo a raccoglierla?”. 29 “No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. 30 Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio”». 31 Espose loro un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. 32 Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami». 33 Disse loro un’altra parabola: «Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata». 34 Tutte queste cose Gesù disse alle folle con parabole e non parlava ad esse se non con parabole, 35 perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta: «Aprirò la mia bocca con parabole, proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo». 36 Poi congedò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo». 37 Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. 38 Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno 39 e il nemico che l’ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. 40 Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. 41 Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità 42 e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. 43 Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti!».

Il male, sia esso fisico o morale, ci è spesso raccontato e già la sua esperienza indiretta ci rattrista; tuttavia arriva ben presto il momento in cui noi stessi lo vediamo o percepiamo nella nostra carne. Il male ti tocca nell’intimo, può segnarti per sempre, ma forse è ancor più insopportabile che esso si insinui lì dove non doveva, in quello spazio di bene che avevi cercato di preservare, facendo di tutto perché niente lo turbasse. È quanto accade nella parabola che Gesù narra: cosa c’è di più bello di un campo di grano? Le spighe che biondeggiano già profumano di pane; ti viene voglia di sdraiarti in mezzo ad esse e di lasciarti baciare dal sole, sentendosi immerso in quella promessa di vita che sorge con naturalezza dalla madre terra. Eppure la vita ci ha insegnato che non si può stare troppo tranquilli, dal momento che «spuntò anche la zizzania». Nessuno l’ha chiamata, nessuno le ha dato il permesso di occupare quel posto…come una malattia che arriva quando vuole e si afferma con prepotenza o una persona che con le sue parole fuori luogo è capace di toglierti la pace.

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I nostri genitori ci hanno insegnato che i problemi vanno riconosciuti, affrontati e superati: allora perché il padrone del campo non intende sradicare subito la zizzania? I servi si sono proposti di andare a raccoglierla; la soluzione è a portata di mano e ci sono delle persone disponibili e competenti per attuarla, per cui chiunque avesse un minimo di buon senso si avvarrebbe del loro contributo. Proprio qui sta il punto: il senso che il padrone celeste dà alle cose, quindi anche al male, è diverso da quello che vi attribuiamo noi. L’uomo è guidato dalle leggi della fisica e sa che all’azione segue una reazione; Dio procede in base alla sua paziente lungimiranza. Intanto Egli sa che, quando entri in un campo, ad ogni passo rischi di fare un danno: i tuoi piedi schiacciano alcune spighe, altre le piegano, altre ancora le spezzano. Se poi decidi di strappare la zizzania, quel gesto coinvolgerà inevitabilmente anche il grano e una parte di campo sarà rovinata.

Inoltre il Signore non distrugge il malvagio perché vede oltre, scorge la possibilità del cambiamento, rimanda l’emissione del giudizio di condanna affinché il colpevole si converta. Se questo tempo ulteriore concesso rivela la misericordia e la grande fiducia divina nell’uomo peccatore, cosa possiamo dire al giusto che soffre proprio a causa del malvagio? La bontà del Signore sta sempre nel suo sguardo; Egli vede sia il bene che il male, vede pure che sono diversi e incompatibili, ma possono coesistere. Come chi fa il male può cambiare guardando alla buona testimonianza di chi rimane nella volontà divina, similmente chi produce frutti di carità, guardando la realtà del male incombente, diventa più consapevole della loro preziosità e dell’impegno di custodirli.

Dio si comporta come un buon padre che, avendo due figli diversi, uno giudizioso e l’altro monello, affida quest’ultimo al primo, responsabilizzandolo affinché il fratello non si perda. Certo, dobbiamo protestare contro il male, denunciarlo e combatterlo, ma per tutto il tempo in cui il Signore permette che perduri siamo custodi dei fratelli che ne sono fautori e insieme prime vittime di esso. Il male non deve abbatterci, ma deve stimolare la creatività nel porre opere di bene che lo contengano e lo svuotino del suo potenziale mortifero; quando esso ci tocca, dovremmo chiederci: quale è la risposta che io con Gesù posso dare a tanto male?

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La risposta consiste nel continuare noi stessi a spargere il seme del bene, come fa il divin seminatore. E spargere seme significa dare vita nel senso di promuovere la vita dell’altro o sacrificarla come Gesù sulla croce: può sembrare poco dinanzi al dilagare del male, ma non dobbiamo scoraggiarci perché il regno di Dio procede per piccolezze, per qualità e non per quantità. È questa la logica delle successive due parabole del granello di senape e del lievito, che parlano della fiducia e della speranza di chi sa che dentro il più piccolo gesto e la più invisibile presenza c’è una forza generatrice di vita capace di portare a pienezza ogni cosa.

Il vangelo ci ha detto che esiste il bene ed esiste il male: sta a noi decidere cosa guardare, a cosa dare priorità. La vittoria finale del bene è assicurata e questo ci fa sperare perché, anche quando il male sembra prevalere, sappiamo che il più piccolo seme di bene piantato non andrà perduto, ma sarà innaffiato dalle lacrime versate a causa del male subito e qualche volta procurato. Con Gesù tutto è grazia!

Testo tratto (per gentile concessione dell’autore) dal libro “Parole che si vivono. Commenti ai Vangeli della Domeniche dell’Anno A” disponibile presso:

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