don Antonino Sgrò – Commento al Vangelo di domenica 22 Agosto 2021

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Testo tratto (per gentile concessione dell’autore) dal libro “Parole che si vedono. Commenti ai Vangeli della Domenica dell’Anno B” disponibile presso:
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21a Domenica del Tempo Ordinario

Il nostro è un Dio che non si impone

Gv 6,60-69

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Perché a volte siamo così indecisi, al punto da mettere in discussione verità consolidate e relazioni vitali che ci hanno accompagnato per lungo tempo? Forse perché il timore di qualche delusione ci fa sospettare persino di coloro a cui prima abbiamo accordato una fiducia incondizionata; forse perché è nella natura stessa della scelta la valutazione del rischio di perdersi accompagnata dal travaglio del dubbio. Ciò che sorprende è che ad essere indecisi sono proprio i discepoli di Gesù, tra cui qualcuno che l’ha seguito fin dalla prima ora, i quali lo ascoltano e reputano «dura» la sua parola sul pane di vita. Il messaggio di Cristo nel vangelo suscita solitamente l’adesione o il rifiuto, cui si aggiunge nei tempi odierni l’indifferenza.

Fa male al cuore pensare che la Parola di Dio possa cadere nel vuoto e rimanere inascoltata quando incontra un cuore ‘duro’. Si tratta di due durezze diverse. Quella della Parola è la durezza della solidità, che ti conferma nella fede e ti permette di affrontare le prove sapendo che il Signore volge ad un bene superiore anche un momentaneo fallimento; quella del cuore umano è la sclerosi dell’inerzia e della volubilità, perché essere centrati su se stessi impedisce la maturazione della personalità, rendendola soggetta a istanze molteplici e provvisorie.

È dura per molti discepoli l’accettazione del mistero dell’incarnazione di un Dio che abbraccia tutto ciò che nell’immaginario collettivo era opposto al divino: umiltà, sconfitta, obbedienza. Gesù, sapendo che quando l’uomo non accetta una realtà la denigra con la mormorazione, vuole riportare i suoi interlocutori sulla via della verità; lo fa senza sconti, non sminuendo ma ancorando il suo messaggio alla trascendenza della gloria, dello Spirito e della vita stessa. Il riferimento alla visione del Figlio dell’uomo innalzato è un richiamo alla croce, che nel quarto vangelo è il momento della glorificazione, oltre che espressione massima della scelta d’amore di Cristo. Tale dono si può comprendere solo nello «Spirito che dà la vita», a partire dall’iniziativa del Padre, senza la quale non entreremmo nella pienezza di vita che il pane disceso dal cielo ci offre. Gesù sa bene che a questo discorso seguirà la dispersione di buona parte dei suoi seguaci e certamente ne soffre, ma non può rinunciare a dire tutta la verità.

E noi? Quando la verità da annunciare diventa scomoda e abbiamo paura di continuare a difenderla, può succedere che di fronte alle tante contraddizioni di questo mondo, ai tanti scandali della Chiesa vorremmo trovare delle soluzioni accomodanti: ‘Facciamoli sposare i sacerdoti se non riescono ad essere fedeli alla loro vocazione e finiscono per dare scandalo! Non ci accaniamo nel voler difendere la vita, condannando l’aborto o l’eutanasia, perché in fondo se uno non vive sulla propria pelle certe situazioni, come può dire a priori cosa è bene fare e cosa no? Lasciamo spazio all’ideologia gender se è vero che Dio ci ha fatti liberi e noi non possiamo impedire a nessuno di definire la propria identità sessuale!’. Abbiamo finito col relativizzare tutto e quando qualcuno osa dire e difendere la verità succede quanto è accaduto a Gesù, l’essere abbandonati. Eppure, indomito, Cristo non modifica il suo stile: «Volete andarvene anche voi?». Egli si rivolge alla nostra libertà, propone un cammino a tratti assurdo, che ti porta a fare alcune cose e rinunciare ad altre solo in nome della fede, altrimenti avresti fatto proprio il contrario. Chi rinuncerebbe ad una famiglia propria o a rivalersi contro un avversario se non ha trovato un ‘di più’ di amore e una promessa di felicità che ripaga ogni sacrificio?

La risposta di Pietro è coraggiosa, anche se ancora non pienamente consapevole, perché egli dovrà attraversare la tentazione e cadrà, rinnegando il Maestro. Eppure è ammirevole la sua audacia, perché confessa l’impossibilità di trovare vita fuori di Gesù. «Da chi andremo?»: è lo smarrimento del cuore che, nonostante si renda conto che può prendere mille direzioni gratificanti, comprende che se una strada non porta a Cristo è come camminare al buio. Oggi tante funzioni sociali che prima erano esclusive della Chiesa sono svolte dalla società civile; tuttavia nessuno può offrire ciò che dona il vangelo, ossia la promessa di eternità, ragioni per vivere e dare senso a tutto ciò che accade nella vita. Si tratta di perseverare nella scelta del discepolato, contando soprattutto sulla fedeltà di Dio, cui appoggiare la nostra. Il Signore non chiede troppo, chiede tutto, ma dà tutto Se stesso.