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don Antonello Iapicca – Vangelo del giorno – 30 Gennaio 2024

Commento al brano del Vangelo di: Mc 5, 21-43

Addormentati nella debolezza della carne nell’incontro con Cristo ci risvegliamo colmi della vita che non muore. Come? Ascoltando la sua Parola e accostandoci ai sacramenti, dove il flusso dei nostri peccati può raggiungere Cristo perché da Lui esca la potenza che ci risuscita.

DAI FALLIMENTI NASCE LA FEDE CHE CI SALVA SPINGENDOCI AD ABBANDONARCI A CRISTO TOCCANDOLO NELLA SUA PAROLA

Il flusso del sangue è, nella Bibbia, vita che si perde e morte che lambisce l’esistenza. Per questo l’emorragia rendeva impuri, impedendo il culto, e quindi la relazione con Dio e con il prossimo, come un anticipo dell’inferno.

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Non ci stiamo dentro anche noi, soli, dopo aver “dilapidato ogni avere” rincorrendo una pienezza e una pace mai trovate. Forse oggi, con pochissima vita dentro come l’emorroissa, stiamo “peggiorando”, perché l’emorragia ci ha prosciugato la forza per perdonare e chiedere perdono, per amare e donarci.

Ma il Signore è vicino a noi e passa beneficando; si tratta semplicemente di raggiungerlo e toccarlo, perché forse non lo abbiamo mai fatto.

Da piccoli chissà, al catechismo, ma poi la scuola, gli amici, i giornali, ci hanno succhiato il sangue con ideologie e ragionamenti, e abbiamo creduto che ce l’avremmo fatta molto meglio da soli, senza preti e tabù.

O forse in Chiesa ci siamo rimasti, toccando Cristo con una mano, mentre con l’altra abbracciavamo il mondo, consegnandogli la vita reale di ogni giorno.

Comunque sia, di fronte alla sofferenza ci siamo accorti di non avere forza e risposte, perché dentro non abbiamo vita eterna, più forte della morte.

Sino ad oggi, infatti, abbiamo toccato Gesù come “la folla”, superficialmente. Diversamente dall’emorroissa. Per lei toccare il lembo del mantello di Cristo era questione di vita o di morte.

Per questo si avvicina umile ma con audacia, sa che deve rischiare il tutto per tutto, e lo tocca con la mano che è la carne offerta al suo dolore e alla sua impotenza.

Impura tocca il puro, infrangendo la legge. Per questo Gesù si accorge di lei: “Chi mi ha toccato?”, chi mi ha attirato dentro alla sua impurità? Ecco, questo significa toccare davvero Cristo: attirarlo dentro di sé, sino al fondo dei propri peccati, perché li distrugga nel perdono.

Solo così si può guarire davvero, essere cioè “salvati”. Solo se Cristo scende nel nostro intimo può arrestare alla fonte il flusso di morte che ci avvelena la vita.

Essa, infatti, “è solo addormentata, non è morta!”. “Agli estremi” si trova, finalmente, l’uomo vecchio, mentre è pronto a nascere in noi l’uomo nuovo, ricreato in Cristo.

Nulla di quanto speravamo e desideravamo è destinato alla corruzione; tutto si addormenta nella debolezza della carne per risvegliarsi e trasfigurarsi nell’incontro con Cristo.

Lui cerca la debolezza, l’inutilità, la povertà, i peccati, quello che nessuno vuole. Per questo è l’unico che ci ama davvero.

Coraggio allora, tocchiamo il lembo del suo mantello. Come? Ascoltando la sua Parola, di cui sono immagine i filatteri che pendevano dal lembo del mantello di un rabbì; e accostandoci ai sacramenti, nei quali il flusso dei nostri peccati può raggiungere Cristo perché da Lui esca la “potenza” che ci risuscita.

Sito web di don Antonello

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Don Antonello
 

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