I figli di Abramo camminano nella vita con gli occhi di Abramo che si riflettevano nel figlio Isacco mentre lo fissavano salendo l’erta del sacrificio, identici a quelli di Dio riflessi in quelli del Figlio sulla Via del Calvario. Sono i figli di Dio legati ma liberi per amare.
FIGLI DI ABRAMO LIBERATI DA CRISTO PER VIVERE NELLA VOLONTA’ DEL PADRE
Il Vangelo di oggi parla a noi, “quelli che avevano creduto in Lui”. Ed è vero, in Abramo siamo stati chiamati anche a noi, figli di Dio creati con il suo stesso Dna. Ma ascoltando una Parola diversa da quella che ci ha chiamati all’esistenza abbiamo contratto un virus maligno che ha danneggiato il Dna spirituale, e ora una malattia genetica ha mutato la nostra identità.
Invece delle opere di Abramo ecco quelle di un altro padre, del demonio che ci ha generati schiavi della menzogna con la quale ci ha spinto a peccare. Tutto quello che è pensato e compiuto senza amore, infatti, è peccato.
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La reazione dei Giudei del Vangelo alle parole di Gesù palesa il loro e il nostro cuore. E’ infatti la stessa che abbiamo quando qualcuno ci annuncia la Parola di Verità del Vangelo: essa è l’unica che ha il potere di guarirci perché, individuando e diagnosticando il morbo che ci ha aggrediti può distruggerlo e ricreare in noi il Dna divino sul quale crescere nella libertà di amare. E invece, come Caino, ci rattristiamo, innamorati e gelosi del nostro ego.
Al punto che la superbia ferita inizia a schiumare ira e l’ira compie quello che non vorremmo: uccidere Cristo incarnato in chiunque contesti la nostra vita e i nostri criteri. Ma coraggio, la Parola di Dio ci è di nuovo annunciata nella Chiesa, anche oggi. Ascoltiamola senza indurire il cuore e attraverso la predicazione potremo accogliere, poco a poco, la fede per la quale e nella quale siamo stati generati: quella dei figli di Abramo ricreati in Cristo.
Essi, condotti da Lui sul cammino della conversione, come il figlio prodigo “vivono sempre nella casa di loro Padre”, dove imparano la libertà di amare senza condizioni. Nella comunità cristiana ascoltano la sua Parola nella quale conoscono la Verità che li illumina per seguire l’Agnello ovunque vada per compiere nella storia il suo Mistero Pasquale in loro.
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Sono “davvero” discepoli di Gesù che “rimangono fedeli” al Padre perché fluisce in loro il sangue del loro Fratello Primogenito, nel quale possono custodire in ogni istante la Nuova ed Eterna Alleanza. Come Abramo hanno imparato a sperare contro ogni speranza perché, pur vedendo tante volte morta la propria carne a causa dei peccati, hanno conosciuto la misericordia che ridona la vita ai morti.
Per questo si affidano completamente al Padre: la loro fede, infatti, ha nella carne il suo memoriale indistruttibile perché, come Abramo, stringono tra le braccia Isacco, il figlio della promessa compiuta, la testimonianza della fedeltà di Dio. In loro cioè è vivo Cristo, e lo amano perché in Lui sono guariti dal virus malefico che li aveva deturpati.
Sono figli rinati nel Figlio, al punto che possono salire il Moria nella notte della fede, tremare e fissare negli occhi il cuore del loro cuore – quell’affetto, quella persona, quel desiderio, quel sogno, quel progetto – pronti a “sacrificare” tutto (a “fare sacro”, a “separare” e offrire a Dio) anche la persona più cara.
I figli di Abramo camminano nella vita con gli stessi occhi di Abramo che si riflettevano nel figlio Isacco mentre lo fissavano salendo l’erta del sacrificio, identici a quelli di Dio fissi e splendenti in quelli del Figlio sulla Via Dolorosa del Calvario. Per questo i figli di Abramo sono, come Isacco, pronti ad essere sacrificati, legati alla volontà di Dio come Cristo sulla Croce.
Sono liberi nello stesso amore che su di essa li ha liberati e li spinge a donarsi perché in gioco c’è la salvezza del mondo. Per essa offrono la propria gola al Padre entrando nell’assurdo estremo confidando che Egli sul monte provvede, sempre. Così i figli di Dio rivelano e testimoniano sulla terra la fede nella quale sono stati generati, quella che salva il mondo vincendone l’odio con l’amore.
Scriveva il drammaturgo austriaco Franz Werfel “per chi ha fede nessun miracolo è necessario, per chi non ha fede nessun miracolo è sufficiente”; l’unico miracolo che può strappare chi non crede alla menzogna è infatti la fede di Abramo e di Isacco che apre il Cielo al quale è impossibile credere se qualcuno non ne mostra l’esistenza attraverso una prova inoppugnabile.
La Pasqua è la prova fratelli, il Mistero che, facendoci passare dalla morte alla vita che non muore, ci libera dalla paura per testimoniare il destino che attende ogni persona consegnando il frutto della vittoria di Cristo a tutti, amici e nemici. Chi potrebbe lasciarsi togliere la vita perdonando e benedicendo i suoi assassini?
Solo chi ne ha una riserva infinita, proprio come il Cielo che il demonio ha chiuso dinanzi al mondo. La vita di Cristo che la Chiesa ci dona attraverso la Parola e i sacramenti, la vita divina che ricolma i figli rinati nelle acque del Battesimo.
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Don Antonello
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