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don Antonello Iapicca – Vangelo del giorno – 2 Luglio 2024

Commento al brano del Vangelo di: Mt 8, 23-27

Se in mezzo agli sconvolgimenti della vita abbiamo paura vuol dire che la fede è ancora acerba; deve crescere nella barca della Chiesa, dove sperimentiamo che il sonno di Cristo è la sua morte che vince la morte, e così possiamo discernere le sue orme d’amore anche nella tempesta

ADDORMENTARSI NELLA TEMPESTA CON GESU’ PER PASSARE INDENNI NELLE TEMPESTE DELLA VITA

Gesù “dormiva” perché sapeva che per raggiungere Gadara – il mondo pagano dove eri, e sei, tu, dove è tua figlia e il tuo collega, tua nipote e il tuo vicino di banco – per raggiungere ogni uomo e liberarlo dal potere del demonio, doveva lasciare che le onde lo ricoprissero sino a togliergli la vita! Solo allora avrebbe potuto scovare il demonio a casa sua, nel suo quartier generale, e farlo saltare una volta per tutte, e così sterminare la “legione” con i suoi ufficiali e generali, rendendo impotente con la sua morte chi della morte aveva il potere, ovvero satana.

Le parole che Egli usa per placare il mare sono, infatti, le stesse usate dagli evangelisti nei racconti degli esorcismi. Le stesse che, nella versione greca della Settanta, presentano il gesto di Yahvè che con l’onnipotenza della sua parola prosciuga le acque del Mar Rosso. Questa era la missione di Gesù, la stessa di Pietro e della Chiesa: “sciogliere” sulla terra quello che Lui ha sciolto per sempre. Gesù rivolge agli apostoli una domanda che potrebbe suonare beffarda: “perché avete paura?”.

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Ma come, stiamo per affondare e tu ci chiedi perché abbiamo paura? Essi, come noi, erano “uomini di poca fede”, non avevano compreso nulla di quello che stava accadendo. Perché la “fede” è entrare con Cristo nella tempesta e mettersi a dormire! E’, concretamente, addormentarsi con Lui nella morte che ci attende ogni giorno, lasciando che le “onde ci ricoprano”, perché – ed è il cuore del cristianesimo che batte nel Mistero Pasquale di Gesù – per “passare all’altra riva” occorre entrare nella tempesta.

Per avere la vita in abbondanza bisogna perderla; per vivere bisogna morire. “Uomini di poca fede, perché avete paura? non avete ancora fede”? Di fronte alle “tempeste” che si abbattono su di noi siamo terrorizzati perché siamo senza discernimento; abbiamo perduto la memoria del nostro “nome” e della nostra origine. Come gli apostoli, sopraffatti dalle onde che scuotono la carne facendole lambire la morte, abbiamo dimenticato Chi ci ha “ordinato” di “passare all’altra riva”.

Il demonio è maestro nel rimestare nei ricordi per scombinarli al punto di far perdere il filo di Grazia che li lega, ci ha sottratto il ricordo della nostra chiamata. La nostra vita ha origine, senso e compimento nelle parole con le quali Gesù ci ha chiamato a “passare” con Lui “all’altra riva”. Non lo abbiamo scelto noi, probabilmente neanche lo desideravamo.

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Noi siamo “nel mondo” proprio perché non siamo “del” mondo! L’attitudine degli apostoli nostra emersa nella “barca” è ben descritta da Peguy, amaro e crudo come sempre: “Poiché non hanno il coraggio di essere del mondo, credono di essere di Dio. Poiché non sono dell’uomo credono di essere di Dio. Poiché non amano nessuno, credono di amare Dio”.

Non amiamo nessuno, per questo abbiamo paura. Come gli apostoli, forse non siamo ancora pronti a morire con Lui. Anche gli apostoli, pur chiamati, avevano bisogno della “fede” per compiere la loro missione! Erano, secondo il greco originale, “oligopistoi”: avevano solo un po’ di fede, nel senso che era ancora acerba, doveva crescere… Come noi, erano incapaci di riconoscerlo nella tempesta. Senza fede non capiamo che proprio perché “dorme” ci ama come nessuno.

“Dorme” e non ferma le guerre. “Dorme” e non guarisce il cancro di mio padre. “Dorme” e non cambia il carattere di mio marito. “Dorme” e non dà un lavoro a mio figlio. “Dorme” perché non mi ama… “Uomo di poca fede”, non hai capito nulla! Gesù “amava Lazzaro”, eppure si è fermato ancora due giorni dove si trovava senza scendere da lui ammalato, quasi aspettando che l’amico morisse. E quando infatti Lazzaro si “addormenta” Gesù dice ai suoi discepoli di essere felice per loro di non essere stato dall’amico, “affinché possano credere”. E proprio per crescere nella fede e “poter credere” stiamo “nella barca” come nell’utero della Chiesa, e questo è l’importante.

Dio è fedele, e ha misericordia di noi, ha pazienza, sa che un giorno, daremo la vita per Cristo e la salvezza degli uomini; come gli apostoli che, rimanendo le stesse identiche persone, una volta pieni di Spirito Santo, invece di impaurirsi, si sono “addormentati” nel martirio! Gesù ci vede nella “barca” con Lui pieni di pura, ma guarda oltre, alle persone alle quali saremo inviati; ci vede tra qualche anno, in quella situazione nella quale daremo testimonianza al vangelo, anche a costo della vita.

Per questo oggi Gesù si “desterà” ancora una volta a “sgridare i venti e i mari” perché torni la “bonaccia” nella nostra vita. Alla paura che ci fa sentire “perduti” di fronte alla Croce ascolterà ancora e sempre la nostra preghiera, e calmerà le tempeste: nella Chiesa, durante la gestazione dell’uomo nuovo, ci darà ancora segni della sua risurrezione su cui appoggiare la nostra “fede” che deve crescere, per divenire adulta e farci discernere nella tempesta il risveglio di satana nel campo della missione.

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