don Antonello Iapicca – Commento al Vangelo del 8 Settembre 2022

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LA NOSTRA STORIA E’ SANTA NELLA STORIA SANTA DI MARIA

Apoftegma

Oggi, celebriamo la nascita della beata Vergine Madre
dalla quale è nato colui che è la vita di tutti.
Oggi è nata la Vergine da cui la salvezza di tutti ha voluto nascere,
per dare la possibilità di rinascere alla vita a coloro che nascevano per morire.
Oggi è nata la nostra nuova madre,
che ha annientato la maledizione di Eva, nostra prima madre;
così, per mezzo suo, ereditiamo ora la benedizione,
noi che eravamo nati sotto l’antica maledizione dalla nostra prima madre.
Sì, è proprio una madre nuova, colei che ha ridato giovinezza a figli invecchiati,
colei che ha guarito il male della vecchiaia che si ereditava,
come anche di tutte le altre forme di vecchiaia che gli si aggiungevano.
Sì, è proprio una madre nuova, colei che partorisce mediante un prodigio mai visto,
rimanendo vergine, colei che mette al mondo il creatore del mondo.
Beato Guerrico d’Igny

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Quando si celebra un compleanno è come una eucarestia, un rendimento di grazie che sgorga dal memoriale del dono della vita. Nascere, infatti, nessuno di noi lo ha chiesto, è stato un miracolo gratuito con il quale Dio ci ha tratto all’esistenza. Tuttavia c’è una storia che ci precede e ha preparato la nostra nascita. I genitori, e prima ancora i nonni, e poi i bisnonni, e poi più indietro nel tempo sino a disegnare quello che si chiama l’albero genealogico. Esso è costituito da un tronco e da rami che intrecciano storie reali, vite vissute che hanno dischiuso il cammino alla nostra venuta al mondo.

Non siamo frutto del caso, vite gettate alla rinfusa che galleggiano nell’universo. Anche un atollo che spunta solitario nell’oceano, nelle profondità invisibili si radica nella terra che lo lega al continente. Forse non conosciamo i nomi e le vicende dei tanti che ci hanno preceduto, ma ci sono stati e hanno trasmesso seme e sangue sino a noi. Senza di loro non ci saremmo. Senza ogni istante della storia che ci ha preceduto non esisteremmo. Così è stato anche per la Vergine Maria, promessa sposa di Giuseppe, l’ultimo che incontriamo nella genealogia di Gesù.

Tutta la sua genealogia appare come un lungo e appassionato fidanzamento, la promessa di sposare l’umanità peccatrice e adultera nella fedeltà e nell’amore che Dio stesso le ha donato nel tempo preparandone il compimento in ogni generazione. La storia della salvezza, la nostra storia sino ad oggi, è la “promessa sposa” in attesa la pienezza dei tempi per celebrare le nozze con il Creatore. Anche se nella nostra genealogia ci fossero dei camorristi, e fallimenti, violenze e scandali, non importa, perché “Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono”. Non sono i peccati di chi ci ha preceduto a condizionare negativamente le nostre storie, neanche quelli dei nostri genitori, come ci hanno insegnato i falsi maestri.

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Ciò che ferisce la nostra vita sono i nostri peccati, con i quali abbiamo risposto liberamente alle vicende della vita; ci siamo ribellati, abbiamo odiato tentando di farci giustizia e prenderci quello che pensavamo ci fosse stato tolto. La nostra genealogia, invece, intessuta con i peccati nei quali ogni madre ci ha concepito generazione dopo generazione, è il grembo benedetto nel quale Dio ha gestato la sua promessa di matrimonio. Perché così è stato anche per Gesù: senza la sua concreta genealogia di peccatori e pagani come la nostra non sarebbe venuto al mondo e non ci avrebbe salvato. Sino alla pienezza dei tempi, per la quale aveva preparato l’unica Madre Immacolata per accogliere “l’unigenito Figlio di Dio” che nel suo grembo “assunse la nostra natura, affinché, fatto uomo, facesse gli uomini dei” (S. Tommaso d’Aquino).

Nella Chiesa, infatti, si attualizza per me ciò che accadde nel suo seno quando ascoltò e credette alle parole dell’Arcangelo Gabriele: il vero Dio si fece carne per diventare vero uomo. Quando la Chiesa annuncia il Vangelo, lo Spirito Santo depone in chi ascolta e accoglie la predicazione il seme della vita divina che si unisce alla carne per fare di lui un figlio di Dio. Il compimento della nostra vita, infatti, dipende dall’accordarsi in noi delle due nature di Cristo delle quali anche noi siamo chiamati ad essere partecipi. Saremo felici solo quando apparirà nella carne l’amore soprannaturale che ci sospinge a donarci a tutti oltre i limiti che essa impone.

Per questo non basta nascere, occorre rinascere nelle viscere di misericordia della Chiesa! Celebriamo allora la Natività di Maria con gioia e gratitudine, perché è il giorno in cui anche la nostra genealogia ha trovato il suo compimento nella misericordia: Maria, infatti, è nata per accogliere Gesù, Colui che, sulla Croce del suo amore, ci avrebbe accolti e consegnati a Lei perché in Lei giungesse a tutti noi il Mistero Pasquale con il quale realizzava la nostra salvezza.

Per questo Maria è nata per accogliere anche noi nel suo seno benedetto che è la comunità cristiana, dove, come una madre, la Chiesa ci ha accolto e ci accoglie senza pretese e pregiudizi; ci ha nutriti e ci nutre gestandoci alla fede adulta perché si diano in noi i frutti del Battesimo nel quale siamo rinati. Con il compleanno di Maria celebriamo dunque anche quello del nostro uomo nuovo; quale miglior regalo potremmo fare oggi a nostra Madre che lo stesso che le fece Giuseppe prima e Giovanni poi: accoglierla con noi senza timore per consegnarci a Lei senza riserve. Accogliere cioè docilmente l’opera che attraverso di Lei lo Spirito Santo vuole compiere in noi perché, nascendo ogni giorno nella vita nuova dell’amore, il mondo veda e creda che Dio è con noi, con ogni uomo, sempre.

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