SOLO CHI HA ACCOLTO E SPERIMENTATO L’AMORE GRATUITO DI CRISTO NE E’ RICOLMO AL PUNTO DI DONARLO GRATUITAMENTE ANNUNCIANDO IL VANGELO
AUTORE: don Antonello Iapicca FONTE: Newsletter SITO WEB CANALE YOUTUBE
Non si improvvisa nulla. I discepoli sono inviati da Gesù dopo essere stati chiamati a far parte di una comunità concreta; in essa li ha formati, insegnando e mostrando loro e in loro i segni e i prodigi che sono mandati a compiere. Con Lui hanno vissuto da itineranti, senza avere un posto dove reclinare il capo. Con Lui sono stati rifiutati e acclamati; e, soprattutto, Gesù li ha iniziati all’intimità con Lui. E tutto nell’autentica gratuità, che è il cuore della missione e la fonte dello zelo: la gratuità con la quale siamo stati amati, riscattati, chiamati. Nessun merito, nessun curriculum, perché se fosse per questi…. Solo la gioia di essere stati amati gratuitamente. Capita spesso però, di trovarci davanti a Dio come chi molto ha dovuto sacrificare per “scegliere” di servirlo, come chi ha comunque diritti acquisiti sul campo, tra sforzi e rinunce.
- Pubblicità -
Chi dimentica la propria storia, e l’amore con il quale Dio l’ha salvata, non sarà mai un apostolo di Lui, sarà piuttosto un superbo rappresentante di se stesso, del proprio egoismo rivestito di falso altruismo, lupi travestiti da agnelli, mercenari della missione, sempre alla ricerca di se stessi, ingannatori tra i peggiori. Le ultime parole di Gesù sulla sorte di chi non accoglie il Vangelo suppone che questi abbiano davvero incontrato Cristo, ascoltato la Buona Notizia e visto i segni del Regno di Dio, autentici, che contestino quelli, corrotti, del mondo. Se gli apostoli e la Chiesa presentano surrogati e caricature, il mondo e i suoi figli sono privati dell’oggetto stesso a cui aprirsi. Si troveranno dinanzi a una menzogna, e sarà loro sottratta la possibilità di essere salvati e ricevere la Pace messianica, quella portata da Cristo risorto. Per questo, chiamati nella gratuità, gli apostoli donano se stessi gratuitamente, come un frutto maturo dell’opera di Cristo: si comprende allora perché non portano con sé alcuna sicurezza.
“Oro, argento, moneta di rame nelle cinture, bisaccia da viaggio, due tuniche, sandali, bastone” non fanno per loro: gli apostoli non “si procurano” nulla che sappia di mondo. Sono liberi perché colmi dell’amore di Cristo, entrano nel mondo ma non gli appartengono; per salvarlo, infatti, non si possono usare gli strumenti che lo stanno condannando. Il potere di curare e guarire li accompagna, per schiudere il Cielo, la vittoria sul mondo e la corruttibilità della carne, la vita più forte della morte. La Chiesa è il segno fecondo del Cielo che strappa gli uomini al mondo per generarli al Regno di Dio, per questo “guarisce gli infermi, risuscita i morti, sana i lebbrosi, caccia i demòni”, proprio nei luoghi i suoi figli sono chiamati ogni giorno. Un padre che non scaccia i demoni che affliggono il figlio – la superbia che lo sguinzaglia sulle strade della concupiscenza e delle false libertà ad esempio – ha perduto lo Spirito Santo, non è più un “padre in missione”: sarà un padre amico, psicologo, pedagogo che cercherà nella sapienza carnale e mondana le soluzioni per risolvere i problemi del figlio, e non lo amerà con l’amore di Cristo. Un prete che si appoggia sui propri criteri, magari quelli studiati sui libri e deliberati nei consigli pastorali, non “serve”, diviene come il sale che ha perduto il sapore.
No fratelli, non possiamo portare due tuniche, come il Popolo di Israele non poteva accaparrare due razioni di manna nel tentativo incredulo di assicurarsi il futuro, pena la corruzione della primogenitura. Ogni giorno, invece, dobbiamo uscire e attingere il suo amore, nell’ascolto della Parola e nei sacramenti, formati permanentemente per andare ad annunciare il Regno; nella certezza che, accolti oppure no, in ogni circostanza la pace, l’aria del Cielo, nessuno potrà togliercela. Essa è con noi per sempre, anche quando saremo rifiutati. E anche questo fa parte della missione, anzi è un aspetto fondamentale. Se l’apostolo è autentico, ha più possibilità d’essere rifiutato che accolto, perché un discepolo non è più del Maestro. Sodoma e Gomorra hanno rifiutato Dio che si era fatto carne negli ospiti di Lot.
E mancare all’ospitalità in Oriente è ancora oggi gravissimo. Quelle città erano chiuse nel loro orgoglio, non accettavano assolutamente gli stranieri. Ed erano capaci di mutilarli e ucciderli. Ebbene, “nel giorno del giudizio, Sodoma e Gomorra avranno una sorta migliore delle città che non accoglieranno gli apostoli”, tu ed io. Pensa quanto è importante la tua vita, e la missione alla quale è legata. Non si scherza eh. Con te, oggi, in ufficio o dove sia, arriva Cristo, ovvero Dio; e dove tu sarai, e parlerai, sarà anticipato il giudizio per le persone che incontrerai. Per alcune, probabilmente, oggi sarà l’unica occasione per incontrare Cristo… C’è da tremare, altroché; non una parola sarà inutile, non un gesto, non un’attitudine del cuore. A patto che tu sia unito a Cristo, portando il suo giogo, colmo del suo amore. Allora ogni istante è “in missione”, e le persone che “non ti accoglieranno e non daranno ascolto alle tue parole” potranno condannarsi a una sorte terribile. Sodoma e Gomorra sono state distrutte, tanto per farci un’idea.
Per questo siamo invitati a “scuotere la polvere dai nostri sandali”, a non confonderci in nulla con chi non ci ascolta, a non fare alcun compromesso, a non scolorire il Vangelo, neanche un granello della loro terra, terra pagana che rifiuta Cristo, può restarci appiccicata. Si tratta allora di un giudizio, di una condanna? Ma che Chiesa è mai questa? No, si tratta dell’amore più puro, autentico, che si carica dei peccati degli altri; che per la salvezza di una sola persona sa prendersi il rifiuto senza buonismi d’accatto, che lascerebbero l’altro nella menzogna. Che facile sarebbe no? Per un prete, per un catechista, per un padre, per te oggi, camuffare la verità per non perdere l’altro. Ma che stoltezza: forse non perderai il suo saluto, il suo affetto, ma avrai perso la sua anima. L’annuncio del vangelo fa sempre risuonare la verità, perché gli apostoli sono, come Cristo, inviati a rendere testimonianza alla verità. E per alcuni, forse molti, la verità dell’amore di Dio che perdona e ricrea, passa per il rifiuto di questo amore. Alcuni hanno bisogno di restare soli con la propria superbia, e scendere, scendere gli stessi gradini dell’umiltà che si discendono nella Chiesa. Come? Attraverso la storia di solitudine e peccato che scelgono quando rifiutano il vangelo.
Perché più del Vangelo non c’è nulla che li possa salvare. Non i compromessi, che invece li lascerebbero nell’inganno. E quanta polvere dovremo scuotere oggi, forse dinanzi a un figlio, o alla persona più cara. Certo, spezza il cuore, esattamente come Cristo che, avendo sbattuto i suoi sandali in faccia al demonio, si è ritrovato solo sulla Croce, rifiutato da tutti. Ma proprio in quel momento stava portando in Cielo tutti quelli che lo avevano rifiutato. Così sarà oggi, quando dovrai scuotere la polvere dai tuoi sandali e dire no, come il Battista davanti a Erode. Solo così potrai dire il sì al perdono, perché proprio mentre ti caricherai del rifiuto, starai entrando prima di colui che ti rifiuta, nella solitudine e nel dolore di chi rinnega Cristo. E lì, nella frustrazione e nello sconforto, nell’abbandono che sa di fallimento, starai aprendo le porte della misericordia a chi non ti ascolta.
Per questo i martiri hanno fecondato la Chiesa e cacciato più demoni di un apostolo: con la Croce sine glossa incarnata in te e in me, siamo inviati anche oggi ad esorcizzare un frammento di questa generazione. Si adirerà il demonio, ti rifiuterà con violenza e odio, non perdere la Pace. Perché essa ritornerà su di te, bagnata nei peccati del mondo, come una primizia della salvezza che attende ogni uomo.