DIO SI E’ FATTO CARNE PER SAZIARCI CON IL CIBO CHE NON PERISCE
Un cibo che non conosciamo
Lo avevano chiaro perfino i discepoli: anche per chi segue il Signore arriva l’ora di cena, il momento cioè in cui si fa “tardi” e bisogna “andare per le campagne e nei villaggi dei dintorni per comprare da mangiare”; perché certo Gesù annuncia cose stupende, è addirittura capace di guarire ogni sorta di malattie, ma la fame è fame… Va bene andare in Chiesa, ma quando la pancia chiama non è certo il parroco a rispondere. Insomma, non coviamo anche noi il sospetto che il cristianesimo sia un tantino fuori dalla realtà? Che cioè il “luogo” dove si finisce seguendo Gesù sia “deserto”, non esattamente quello che abbiamo immaginato quando ci siamo incamminati dietro a Lui affascinati dalle sue Parole.
Lo abbiamo seguito pieni di speranza ma il mondo nel frattempo non è cambiato, continua ad essere in mano a predatori senza scrupoli, e non abbiamo i soldi per sposarci, non riusciamo a far studiare i figli, neanche alla fine del mese arriviamo con gli stipendi da fame che abbiamo. Accidenti se non è meraviglioso che Cristo ci perdoni sempre, ma purtroppo stasera non mangeremo perdono. Una cosa è il sentimento, un’altra la carne, e non vanno d’accordo, anzi. A forza di restare digiuni anche il sentimento evapora… E’ così, anche se siamo in missione, vescovi, preti, suore, quando arriva l’ora di cena la fede sembra scomparire.
Forse perché non è ancora diventata grande come un granello di senapa… Ma come è possibile? Sono prete da vent’anni, non ho mai perso una messa domenicale, mando i miei figli al catechismo e al campo scuola. E invece è possibile, e lo rivela il brano del Vangelo di oggi: “Scendendo dalla barca” Gesù “vide una grande folla” ed “ebbe compassione per loro perché erano come pecore senza pastore”.
Ebbene, questa “grande folla” era composta da quelli che avevano ascoltato la predicazione dei Dodici inviati da Gesù, che avevano visto i segni e i prodigi da loro compiuti, e si erano messi a seguirli sino al luogo deserto dove Gesù aveva radunato i suoi per farli riposare. Il deserto che appare nel Vangelo è dunque l’assemblea cristiana, la comunità che con Gesù celebra il riposo. E’ qui che “la folla” è giunta. Come noi che, affascinati dalla predicazione e dai segni che abbiamo visto nei cristiani, in chi ci ha predicato il vangelo, nei Papi e nei santi, abbiamo seguito il Signore e ora ci troviamo presso di Lui, ma… Ma è tardi, ce lo dicono pure i discepoli, dobbiamo “comprare il pane” perché siamo affamati. E sai perché hai fame? Perché sei una pecora senza “pastore”: pur seguendo il Signore, Lui non è ancora il tuo unico Pastore. Stai ancora dando retta al mercenario che ti ha promesso di saziare la tua carne…
Ma proprio oggi, in questo “crepuscolo” nel quale ci sembra essere “tardi” e stiamo per “congedarci” da Gesù per l’ennesima volta Lui ci abbraccia nella sua “compassione”. Si è fatto carne proprio per patire con noi la fame e darci finalmente l’unico pane capace di saziarci. Il suo cibo, infatti, è stato obbedire e compiere la volontà del Padre, proprio il pane che noi abbiamo rifiutato ingannati dal demonio. E per questo per noi è sempre “tardi”, e siamo inquieti, irati, stanchi e insoddisfatti: “sudiamo” per lavorare ma non riusciamo a “comprare” tutto il pane di cui abbiamo bisogno per essere felici.
Per questo Gesù, prima del miracolo con cui sazierà la carne, “insegna” alla folla “molte cose”. Lui sa che la nostra fame non viene dalla pancia, ma dal cuore, dal nostro intimo dove abbiamo deciso di disobbedire. E’ lì che deve guarirci estirpando il veleno dell’orgoglio per deporvi il “pane” dell’obbedienza. Ecco di nuovo l’Epifania di Dio che ci rivela il mistero del suo amore: per salvarci davvero ci ha attirato attraverso e nella Chiesa in un cammino di verità sino a che per le nostre forze non sia diventato “tardi”. Ci ha condotti nell’umiliazione come fece con Israele nel deserto, per farci sperimentare che l’uomo non vive di solo pane, ma di ogni Parola che esce dalla bocca di Dio. Che cioè non siamo stati creati per saziare le concupiscenze “comprando” affetti e idoli con i nostri sforzi; ma per fare la volontà di Dio che è obbedire alla Parola d’amore nella quale ci ha creati.
Questa obbedienza è proprio il cibo moltiplicato da Gesù! Il suo cibo che non conoscevamo, la sua stessa vita oltre la morte, l’amore che Lui ci ha annunciato e poi donato in abbondanza, capace di trasformare la folla nel suo gregge. Per questo gli apostoli distribuiscono i pani e i pesci alle persone “divise in gruppi”, ovvero in piccole comunità. Chi si sfama dell’amore moltiplicato da Cristo non è più un numero senza volto, ma una persona nuova, un figlio di Dio che ama i suoi fratelli rinati come Lui nella compassione. Chi ha mangiato con Cristo la volontà del Padre ha una fede adulta, capace di riconoscere il suo amore nella sera della Croce. Questo amore non si può “comprare”; non esistono negozi che lo vendano…
Per questo falliscono i matrimoni, i figli disonorano i genitori, il mondo precipita nella notte. C’è in tutti un desiderio originario di bene di cui sono immagine i pani e i pesce. Ma occorre che la Chiesa venga a noi e ci aiuti a “vedere” che senza la “benedizione” di Cristo il desiderio più santo è destinato a rimanere frustrato. Per questo, come quella sera sulle rive del Lago di Galilea, nella Chiesa gli apostoli continuano a distribuire gratuitamente l’amore di Dio che si fa benedizione riempie l’esistenza di vita sovrabbondante. Perché nella comunità riunita “in gruppi di cento e cinquanta fratelli” il Cielo scende sulla terra come la manna; basta sedersi e lasciarsi amare, sino alla sazietà.
Commento a cura di don Antonello Iapicca
Qui l’intervista Rai a don Antonello
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