don Antonello Iapicca – Commento al Vangelo del 7 dicembre 2018

AVVENTO E’ ANCHE GRIDARE IL “NOI” CHE CI DESTA PER INVOCARE LO SPOSO AFFINCHE’ CI ATTIRI IN OGNI ISTANTE VERSO DI LUI

Anche oggi Gesù si sta “allontanando” dai nostri luoghi, dai pensieri e dai progetti, dalle abitudini e dai nostri egoismi, per attiraci dietro a Lui. Quando si allontana è perché, come lo Sposo del Cantico dei Cantici, vuole innescare in noi il desiderio di Lui. Non si volta e non si ferma per farci crescere sino alla fede adulta. Ci attira nella sua casa, la sua “famiglia”, per entrare nella sua intimità dove i “due ciechi” aprono gli occhi per riconciliarsi e amarsi. Non a caso sono due, ovvero “io” e il “tu” che oggi non riesco proprio a vedere, e che per questo, “rendo colpevole con le mie parole”. Tu e tua moglie o tuo marito, tu e i tuoi genitori, tu e il fratello che ritieni responsabili della tua sofferenza. Hai creduto alla menzogna del demonio, hai peccato, e ora non vedi più l’amore di Dio, e per questo accusi l’altro: sei cieco e quindi obbligato a immaginare come sia: avrà pensato questo, avrà detto questo, avrà fatto questo…. E’ solo immaginazione, eppure il demonio riesce a convincerti che sia reale, e così odi, disprezzi, e cancelli dalla tua vita. Anche se l’altro ti avesse fatto davvero del male, tu non soffri per quello, ma per il veleno che ti esce dal cuore e ti impedisce di vederlo nella luce di amore e misericordia dello sguardo di Cristo. Sì, abbiamo tutti bisogno di incontrare questo sguardo, l’unico che può strapparci alla menzogna. Abbiamo bisogno di camminare dietro a Cristo e gridare. Non importa se oggi sei ancora cieco e hai rancore per il fratello.

I due ciechi del Vangelo hanno seguito Gesù così come erano, ma hanno gridato insieme: questa è la fede secondo la quale Gesù ha potuto guarirli! Non hanno gridato “abbi pietà di me!”, ma “abbi pietà di noi!”. Fratelli, oggi il Signore ci chiama a seguirlo così come siamo, ciechi; sa che inciamperemo e sbatteremo contro i piloni della luce, rischiando di finire sotto una macchina. Non importa! Accogli l’altro nel grido verso Gesù. Cammina dietro a Cristo nella comunità cristiana portando nel cuore colui con il quale continui a litigare e recriminare, al quale ti avvicini solo per saziarti del suo affetto. Grida includendo nella tua preghiera chi non riesci più a vedere come fratello, marito, moglie, padre o madre. Basta questo. Te lo ripeto, non importa se oggi sei ancora pieno di giudizi e rancori, perché non potrai amare l’altro sino a che non incontrerai lo sguardo di Cristo su di te. Per questo Gesù vi attira e vi porta dietro a Lui lasciandovi ciechi, cioè schiavi del peccato. Lui infatti è la garanzia della salvezza, perché, dopo il tempo necessario, vi farà entrare in “casa” per chiedervi: “credete voi che io possa fare questo?”. Allora scoprirai che quel “noi” con il quale hai accolto l’altro nel tuo grido obbedendo e seguendo Cristo in un serio cammino di fede ti ha fatto crescere nella fede. Allora dirai “si o Signore”, tu puoi aprirmi gli occhi perché hai già cominciato a farlo aprendomi il cuore dove hai fatto, a poco a poco, grido dopo grido, un po’ di posto per l’altro. Puoi aprirmi gli occhi perché mi hai fatto camminare accanto a chi non riuscivo a vedere, implorando per lui la stessa pietà che chiedevo per me. Nel bisogno e nel grido mi hai già aperto all’altro, per questo credo che tu puoi aprirmi gli occhi sul tuo amore perché possa vedere la storia e le persone attraverso il tuo sguardo. E scoprire che immaginando si sbaglia sempre, mentre non si sbaglia mai quando, con gli occhi aperti su Cristo, si guarda l’altro attraverso l’amore con cui si è inchinato a perdonare e risuscitare entrambi. Camminiamo e gridiamo in questo Avvento, per giungere nella “casa” di Gesù, ovvero la stalla di Betlemme dove prostraci e contemplare l’amore infinito di Dio che tocca e guarisce i nostri occhi per riconciliarci con chi Lui ci ha messo accanto.

Carne e sangue non c’entrano, i “due ciechi” che seguono di Gesù hanno visto con il cuore ancor prima che con gli occhi; un moto dello Spirito li ha sospinti alla sequela di quel Galileo, sino a giungere alla sua “casa”; qui “gli si accostano” e Gesù può porre loro la domanda decisiva: “Credete che io abbia il potere di farvi vedere?”. I ciechi avevano camminato e seguito Gesù gridando e implorando, segno del catecumenato preparatorio al battesimo. Gesù si stava “allontanando” e per questo i due hanno cominciato a seguirlo. E non si è fermato, inducendoli a gridare, a gridare ancora, sino a che il suo Nome immerso nella pietà diventasse familiare. Così è anche per noi. Quando Gesù sembra allontanarsi è perché, come lo Sposo del Cantico dei Cantici, vuole che lo seguiamo, che lo cerchiamo, che gridiamo a Lui. Vuole innescare in noi il bisogno e il desiderio di Lui, sino a che Egli ci diventi familiare: familiare come il bisogno che abbiamo di respirare. Non si volta e non si ferma perché vuole rafforzarci nel santo desiderio che si fa grido, per crescere sino alla fede adulta. E’ Lui che cammina dinanzi a noi proprio quando il coniuge sembra non comprenderci, i figli non ne vogliono sapere, il lavoro si fa pesante; è Lui che, carico della sua Croce, scioglie il nostro grido e lo rende ogni istante più vero. Proprio quando sembra che si allontani Gesù ci chiama a seguirlo, quando sembra non dare ascolto alle nostre suppliche ci sta attirando nella sua casa, che nella Scrittura significa anche “famiglia”, nell’intimità dei suoi fratelli! I “due” ciechi, infatti, sono immagine di ogni comunità, perché dove due o più sono riuniti nel suo nome Gesù è presente…

Non si può seguire e gridare a Gesù da soli; occorre una comunità, come i “due” discepoli di Emmaus, come gli apostoli inviati “due a due” ad evangelizzare. E’ necessario gridare insieme a nostra moglie, nostro marito, nostro figlio, il fidanzato, nella consapevolezza che ogni relazione autentica nasce dall’umiltà di riconoscersi entrambi ciechi e dal “credere” che Gesù “possa fare” per ciascuno lo stesso miracolo. Così funzionerà un matrimonio, un fidanzamento, un’amicizia, nel grido comune che apre la porta dell’intimità con Cristo, dove essere guariti ed entrare in comunione. Così i “due” ciechi sono entrati nella Chiesa, la casa del Signore, il luogo dove la fede diviene adulta. Qui si può sperare contro ogni speranza carnale, qui carne e sangue cedono il passo allo Spirito perché ne prenda possesso. Nei due ciechi si riconosce la figura di Tommaso, l’apostolo cieco che non ha visto il Signore perché incapace di credere lontano dalla comunità, mentre quando si ritrova insieme ai fratelli vede aprirsi i suoi occhi, può riconoscere Gesù, credere in Lui, e professare la sua fede. Credere al potere di Gesù è appoggiarsi all’esperienza del cammino di ogni catecumeno che, durante il tempo di preparazione al battesimo, conoscendo se stesso preparava i suoi occhi ad aprirsi attraverso i segni del potere di Gesù: a poco a poco veniva strappato al mondo, alle sue concupiscenze e ai suoi criteri. I due ciechi non hanno creduto per una magia istantanea: gridando a Gesù dal profondo della propria debolezza, si sono conosciuti e lo hanno conosciuto e seguito sino a confidare pienamente in Lui. 

La fede, infatti, non è un gioco a dadi, non è puntare sulla ruota della fortuna. E’ partire, seguire, gridare, entrare. E’ percorrere un’iniziazione cristiana che, a piccoli passi, renda credibile l’annuncio ricevuto e apra alla confidenza. Dal grido del proprio bisogno, dalla sofferenza e dalla morte di una vita cieca su se stessi, sugli altri e sugli eventi, alla vita piena di chi, appoggiato al potere del Signore, apre gli occhi su tutto riconoscendovi l’amorosa volontà di Dio. L’Avvento è dunque questo cammino di fede, per giungere a vedere in modo nuovo noi stessi e la nostra storia come un’opera del suo amore. E’ questa la venuta di Gesù nella storia, il Natale che rivela Dio in un bambino appena nato, il suo amore nella debolezza, la sua misericordia nei peccati, il suo potere su ogni cecità. Tutto, infatti, concorre al nostro bene: ogni secondo, ogni evento è un passo di Cristo che viene verso di noi per condurci nel suo cuore misericordioso, la Luce inestinguibile che dirada le tenebre del peccato e della morte: “La Chiesa antica ha qualificato il Battesimo come fotismos, come Sacramento dell’illuminazione, come una comunicazione di luce e l’ha collegato inscindibilmente con la risurrezione di Cristo. Nel Battesimo Dio dice al battezzando: “Sia la luce!”. In Lui riconosciamo che cosa è vero e che cosa è falso, che cosa è la luminosità e che cosa il buio. Con Lui sorge in noi la luce della verità e cominciamo a capire” (Benedetto XVI, Omelia nella Veglia Pasquale, 11 aprile 2009). E questo si tramuta “naturalmente” in annuncio. Guariti da Gesù, i due ciechi non possono trattenere la gioia e l’esperienza della fede. Illuminati divengono luce: Dio ha fatto rifulgere il bagliore pasquale su di loro, sono ormai Luce in Cristo. Così è la nostra elezione: siamo chiamati a seguire il Signore, a gridare il suo Nome, a sperimentare il suo potere, ad entrare nella sua casa. A crescere nella fede e nella comunione della Chiesa, per vivere spargendo la sua fama in ogni luogo della nostra esistenza, per pura gratitudine, perché è lo stupore che genera la missione e compie nel bene ogni esistenza.

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Mt 9, 27-31
Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, mentre Gesù si allontanava, due ciechi lo seguirono gridando: «Figlio di Davide, abbi pietà di noi!».
Entrato in casa, i ciechi gli si avvicinarono e Gesù disse loro: «Credete che io possa fare questo?». Gli risposero: «Sì, o Signore!».
Allora toccò loro gli occhi e disse: «Avvenga per voi secondo la vostra fede». E si aprirono loro gli occhi.
Quindi Gesù li ammonì dicendo: «Badate che nessuno lo sappia!». Ma essi, appena usciti, ne diffusero la notizia in tutta quella regione.

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

Fonte: LaSacraBibbia.net

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