don Antonello Iapicca – Commento al Vangelo del 6 Luglio 2021

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LA VOCE COMPASSIONEVOLE DEL PASTORE APRE LA NOSTRA BOCCA ALL’ANNUNCIO DEL VANGELO


AUTORE: don Antonello Iapicca FONTE: Newsletter SITO WEB CANALE YOUTUBE

“Un anziano diceva: Tre poteri di Satana precedono tutti i peccati: il primo è l’oblio, il secondo la negligenza, il terzo la cupidigia. Difatti, dall’oblio nasce la negligenza, dalla negligenza la cupidigia, e questa fa cadere l’uomo. Ma se l’anima è abbastanza attenta da scacciare l’oblio, non giungerà alla negligenza, se non è negligente non sentirà la cupidigia, e se non ha la cupidigia mai peccherà”. Mutismo e malinconia nascono dunque dall’oblio, dal dimenticare le opere d’amore compiute da Dio nella nostra vita: sono segni di un cuore “stanco e sfinito” di rincorrere esiti mai raggiunti perché ha smarrito l’amore; per se stesso innanzi tutto, in cui non trova nulla di affascinante e appassionante, speranze evaporate nei fallimenti di relazioni e progetti.

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E per l’altro, e quindi per ogni attività intrapresa. Ma proprio i cuori stretti nella solitudine sono la “messe” di Dio che, purtroppo, così “pochi operai” sanno riconoscere come tale; quanti farisei intorno e dentro di noi, quanti ipocriti che, ciechi su se stessi e sull’amore di Dio, scambiano il bene con il male, l’opera di Gesù con quella del “principe dei demoni”. Quanti si affannano a curare l’esterno della coppa, e lasciano l’interno pieno di corruzione, a volte anche nella Chiesa… Infatti, è proprio di chi ha perduto il discernimento che nasce dalla misericordia, scambiare Dio per il demonio; e quando questo avviene si sbaglia l’approccio al fratello, e la cura della sua malattia sarà sempre un palliativo che non risolve. 

Ma ogni uomo, anche tu ed io come la moglie, il marito e i figli, i colleghi e chi incontriamo sulla metropolitana, è parte della “messe” di Dio, proprietà di Colui che lo ha creato a sua immagine e somiglianza. Per questo è necessario che, sulle strade di ogni generazione e di ogni luogo, corrano con urgenza i piedi degli “operai” annunciatori del Vangelo del Regno che operino il compimento dell’opera di Dio. La predicazione è, infatti, la rugiada della compassione di Dio, le viscere di misericordia che generano la fede, danno sostanza alla speranza, muovono alla carità. L’annuncio del Vangelo è la raccolta instancabile dei frutti che scaturiscono dalla “messe”. Muti possiamo essere dischiusi alla parola, alla relazione e all’amore solo dalla Parola “stolta” e semplice del Vangelo.

L’annuncio del Vangelo che bussa al nostro cuore è l’autentico Shabbat, il giorno del riposo che completa in noi l’opera che Dio ha iniziato creandoci. E’ il settimo giorno, quello in cui Dio riposa e al quale ci chiama a partecipare, quando i mietitori possono rallegrarsi insieme a chi ha seminato; gli “operai” infatti subentrano nel lavoro e nella fatica del Seminatore fatto seme fecondo nelle viscere della terra. Per questo, quando si evangelizza, si entra nel giorno del riposo: le fatiche dell’apostolo sono pura gioia e moltiplicano le forze perché si tratta di raccogliere il frutto dell’amore sino alla fine di Gesù. Nell’incontro della sua Parola con il nostro mutismo, infatti, si compie la ricreazione, ed ecco ciascuno di noi ridiviene “cosa molto buona”.

 Shabbat porta a compimento la messe di Dio, il gregge ritrova il suo Pastore che lo conduce ai pascoli del riposo, la memoria vince l’oblio come accaduto al figliol prodigo, l’attenzione e l’amore prendono il posto dell’egoismo e dell’indifferenza. Per credere, il mondo ha bisogno di vedere il perdono che rigenera, che è proprio ciò di cui “non si è mai visto di simile in Israele”, nel nostro quartiere e in ogni angolo della terra. Per Israele Shabbat è la sposa da accogliere con onore e unzione. Ebbene, le viscere materne di Dio rivelate nella “compassione” del suo Figlio ci raggiungono oggi come la sposa che, in tutto, abbiamo atteso, l’aiuto simile a noi, l’Eva tratta dalla nostra stessa costola, il luogo ove riposare e deporre il nostro desiderio d’amare senza il timore che tutto si estingua nel volgere di un giorno.  E’ la carne di Cristo che ha preso su di sé ogni nostra sofferenza, che ha vinto la morte che ci assedia e ci ammutolisce, la sua Parola nella carne e nella parola dei suoi messaggeri, “gli operai” della messe di Dio inviati a scacciare satana dal cuore degli uomini. 

Gesù cerca i nostri silenzi sanguinanti per colmarli delle sue parole di misericordia. Oggi la sua “compassione” è la nostra guarigione. Il suo amore senza condizioni anche oggi caccia dal nostro cuore il principe del silenzio, smascherando con la Parola le sue menzogne. Abbandoniamoci a Lui, consegniamogli malinconia e orgoglio, e lasciamoci amare, per correre nel mare della morte ad accogliere e prendere sulle spalle i naufraghi in cerca di pace, magari proprio quando, sporco e affamato, uno di loro si fa carne nel figlio ribelle o nel collega invidioso: “La tua volontà sia davanti a Te, Dio dei cieli, siano ascoltati e evangelizzati buoni vangeli, vangeli di salvezza, di conforto e consolazione dai quattro angoli della terra” (Liturgia di Shabbat per l’annuncio del mese, Rosh Odesh).