NON TEMIAMO DI PRENDERE IL CALICE COLMO DI VIRUS, PAURA E DOLORE CHE CRISTO HA GIA’ BEVUTO: LO HA TRASFORMATO PER NOI NEL CALICE DELLA VITTORIA SULLA MORTE E IL PECCATO
AUTORE: don Antonello Iapicca
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Ogni giorno, come una risacca, riemerge in noi il medesimo desiderio, la solita concupiscenza: “alla destra e alla sinistra” del potere, per dirigere la vita e sfuggire alla morte. E ancor piรน mentre la paura da una parte e l’insopportabile privazione dell’autonomia ci strattonano gettandoci nella precarietร . Come Giacomo e Giovanni siamo figli della carne: nostra madre, come ogni madre, aspira ai primi posti, illudendosi di sfuggire cosรฌ al dolore e al fallimento. Concepiti nel peccato “non sappiamo cosa chiedere” a Dio e alla vita, sempre in cerca di fatti ed emozioni nuove, di qualcosa che ci colmi che neanche conosciamo.
Facciamo i capricci e basta, come i bambini. E, ciechi sulla nostra debolezza, ci “sdegniamo” delle pretese altrui. Ma la vita ogni giorno ci porta “a Gerusalemme”, e la Quaresima ce lo ricorda. La storia ci presenta un “calice” attraverso le difficoltร , i problemi e i fallimenti. E quest’anno attraverso il coronavirus e tutto ciรฒ che esso significa nella nostra vita quotidiana. In questo tempo la Chiesa ci invita di nuovo a prendere il calice che Cristo ci porge. E’ il suo, perchรฉ tutti siamo stati riscattati e comprati al caro prezzo del sangue di Cristo. Non potremo sperimentare la Pasqua senza accostarci al calice del Signore, senza berne sino in fondo per gustare il suo amore. E’ vero, c’รจ del veleno, il demonio non ha mentito; c’รจ il peccato, e la morte che ne consegue, di cui anche il virus, come segmento impazzito della natura, รจ segno doloroso. Ma satana tenta di nasconderci l’altra parte della realtร , la veritร piรน importante.
Proprio il vino che vi รจ dentro รจ il sangue di Cristo, spremuto e pigiato nel tino della sua Croce. E’ piรน forte del peccato e della morte, ha assorbito e reso innocuo il veleno. Bere oggi al calice di Cristo significa, infatti, partecipare della Nuova Alleanza, attingere alla Coppa che chiude, come un sigillo, il Seder della notte di Pasqua, per uscire con Lui nella notte dove si รจ infilato Giuda per offrirsi proprio a lui. In quel giardino Gesรน ci ha mostrato la libertร ; nessuno piรน libero di Lui, libero di donarsi spontaneamente a chi lo tradiva perchรฉ certo dell’amore del Padre. Convertirci significa quindi bere al calice di Cristo per gustare, misteriosamente, proprio al culmine del dolore, la libertร che si fa pienezza e anticipo della terra promessa. Non temere allora per qualche brivido, il coronavirus e la precarietร , neanche per il dolore che ti ha procurato l’altro. Esci con Cristo da te stesso e consegnati a Giuda, al fratello che mentre ti baciava ti ha tradito.
Proprio lรฌ sperimenterai la Pasqua del tuo matrimonio e di ogni relazione, la resurrezione dell’amore autentico che si incarna nel “servizio” gratuito e disinteressato. Solo entrando nella storia concreta di ogni giorno si puรฒ sperimentare la libertร conquistata da Cristo quando ha superato la barriera della morte. E lรฌ, all’ultimo posto, dietro a tutti l’orizzonte si allarga e diveniamo “i primi”, ovvero le “primizie” di coloro che hanno vinto la morte. L’ultimo posto, infatti, รจ l’unico che compie il naturale desiderio di essere i primi: primi come Gesรน, il Primogenito, guardando tutto dal basso verso l’alto, capovolgendo criteri e gerarchie, nella follia di un conteggio che fa saltare la matematica dell’orgoglio.
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Il Padre “celeste” guarda tutto dall’alto abbracciando il senso pieno di ogni esistenza, dal concepimento alla morte, dove ogni particolare รจ incastonato nel suo progetto totale, proprio perchรฉ, nel suo Figlio, ha deposto lo sguardo sull’ultimo posto della terra, il piรน distante dal Cielo. In esso, infatti, si comincia a contare dall’ultimo posto, quello del suo Re e Signore: cosรฌ “tra di voi” nella Chiesa, nelle famiglie cristiane, ovunque vi sia un fratello del Primo tra i risorti dalla morte. Coraggio allora, il Signore “ci chiama a sรฉ” e ci annuncia che “berremo al suo calice”. Non importa se non sappiamo “il posto” che ci sarร assegnato nel Regno dei Cieli: lรฌ la carne non saprร distinguere un posto da un altro, perchรฉ “Cristo sarร tutto in tutti”. Sulla terra, l’ultimo posto che ha preso il Signore, ci ammaestra e prepara a quello che occuperemo in Cielo: dove siamo con Cristo รจ giร il Paradiso; piccoli con il piรน piccolo per essere i piรน grandi con il piรน grande nell’amore.