NELLA CHIESA POSSIAMO CONOSCERE NOSTRO PADRE NELL’AMORE DEL FIGLIO
Alla nostra origine vi è il perdono che ha cancellato il peccato d’origine. Siamo figli della misericordia. Basta alzare gli occhi del cuore e sussurrare “Papà”, il perdono è lì. Come ha sperimentato il figliol prodigo che s’era preparato un bel discorso, parole da dire, parole per spiegare, parole per implorare. “Parole sprecate”,mentre il Padre, già da tempo alla finestra, lo aspettava con il cuore pieno di compassione, “sapendo già ciò di cui aveva bisogno”. Per questo gli è corso incontro permettendogli una sola parola: “Padre”.
L’abbraccio di misericordia, infatti, spegne ogni altra parola. “Padre”, che declina perdono, per ciascun figlio. “Padre”, la preghiera del Figlio crocifisso. Insegnandoci il Padre Nostro, Gesù ci accoglie nella sua intimità e ci dona le parole della sua preghiera. Nella Chiesa primitiva erano un tesoro geloso, riservato a chi aveva ormai una fede adulta. In questa Quaresima ci aiutano a convertirci; vediamo se il nostro è il cuore del figlio che desidera esattamente ciò che il Padre vuole donargli, o se abbiamo dimenticato di “non essere come i pagani”. Pregando con le parole del Padre Nostro, infatti, ci consegniamo a Dio con fiducia e complicità, perché ci dischiuda il forziere delle Grazie riservate ai suoi figli.
E’ per noi una vita santa nel Nome santo di Dio, separata e diversa: una nuova forma di pensare, di guardare, di studiare, di lavorare, di fidanzarsi, di sposarsi, di vivere la sessualità, il rapporto con il denaro e i beni di questo mondo, con la salute e la malattia. Tutto della nostra vita è come un grembo fecondo di Grazia perché in noi “sia santificato il nome di Dio” e il mondo creda e passi dalla maledizione alla benedizione. E’ per noi “il pane quotidiano” imprescindibile per vivere, il cibo di cui si è nutrito il Signore, compiere l’opera del Padre suo. Lo stesso Pane della Croce è oggi il banchetto preparato dal Padre per i suoi figli animati da una fede adulta: solo essa sa riconoscere nella storia un altare dove, per nutrirsi, si è chiamati a donarsi.
E’ nostra eredità il “suo Regno che viene” ad estendere il dominio sul giorno che ci attende per distruggere il regno del demonio. Rivestiti della dignità regale, anche noi potremo regnare sul peccato e sulla carne, resistere alle “tentazioni” e “perdonare”, caricandoci dei difetti e dei peccati degli altri. E’ per noi, infatti, la “liberazione dal male” che, impedendoci di vedere il bene negli altri e nella nostra storia, ci fa scappare terrorizzati dalla volontà di Dio. Essa invece è un dono che nel Getsemani Gesù ci ha conquistato.
“Trascinati dalla sua volontà” (Benedetto XVI) potremo anche noi “fare la volontà di Dio” sulla nostra “terra”: il tinello e il salotto, l’aula e l’ufficio, il banco della frutta e il letto d’ospedale, tutto diviene così un riverbero del Cielo dove l’amore del Padre è compiuto.