don Antonello Iapicca – Commento al Vangelo del 3 Maggio 2022

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VEDERE IL VOLTO DEL DIO VERO RISPLENDERE NELLA COMUNIONE DELLA CHIESA

I nostri occhi cercano il Padre: “Se quello che i mortali desiderano potesse avverarsi, per prima cosa vorrei il ritorno del padre”: così Telemaco, il figlio di Ulisse, testimoniava nell’Odissea l’angoscia di un figlio alla ricerca di suo padre. In fondo la vita non vi è altro che l’attesa di nostro Padre, e ogni atto che compiamo nasconde l’esigenza insopprimibile. E’ orfano chi non può vedere suo Padre. Abbiamo tutti un urgente bisogno di vedere il volto di nostro Padre, di conoscere le nostre radici, di scoprire un punto di appoggio per la nostra vita. La nostra e’ una generazione di orfani cui e’ stata preclusa la visione decisiva. Come si può vivere senza Padre?


AUTORE: don Antonello Iapicca FONTE: Newsletter SITO WEB CANALE YOUTUBE

Impossibile, devastante. Nella vita morale regna il caos del relativismo, ogni opinione diviene via, verita’ e vita. L’esito e’ sotto i nostri occhi. Morte, coniugata in aborto, droga, divorzio, anoressia, bulimia… “Se l’occhio non fosse solare, non potrebbe riconoscere il sole” (Goethe).

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Il processo che conduce alla conoscenza del Padre e’ un processo vitale di assimilazione, un catecumenato, nel quale, passo dopo passo, il catecumeno giungeva ad accogliere in pienezza l’elezione ad essere cristiano, e, come San Francesco, poteva spogliarsi dell’uomo vecchio che si corrompe dietro le passioni ingannatrici e rivestire l’uomo nuovo, il figlio di Dio: «Non avete ricevuto uno spirito di schiavitu’, per ricadere nel timore, ma uno spirito che vi rende figli, col quale gridiamo: Abba, Padre!» (Rm 8,15). Il figlio e’ libero, ha imparato a vedere il Padre attraverso la sofferenza che sorge dai passi della propria storia, quelli che conducono, a poco a poco, come in un catecumenato, a compiere la volonta’ di Dio. Vedere il Padre e’ vedere Cristo, l’unico che ha compiuto la volontà di Dio. Vederlo e’ imparare da Lui, lasciarsi attirare nella sua stessa vita che ci trascina nel passaggio dalla morte alla vita attraverso le ferite della Croce.

Gesu’ e’ via, verità e vita, perche’ percorre per noi e con noi la via dolorosa, quella che attende ogni giorno i nostri passi. Verità e vita perche’ via autentica, che non rigetta nessuna sofferenza, che conduce al luogo che Lui ci ha preparato, l’intimita’ incorruttibile con la fonte della vita eterna, l’intimita’ con nostro Padre. Con Gesù nella Chiesa si impara ad essere figli e ad obbedire dalle cose che patiamo, passando dall’infantilismo che fa “del proprio “piacere” la misura ultima del bene e del male”, alla maturita’ di chi puo’ soffrire per compiere il bene autentico. Gesu’ e’ via, verita’ e vita perche’ ci insegna a vivere nel Getsemani, il luogo dove scaturisce, puro e abbandonato, il grido liberante: “Abba’, Padre! Tutto ti è possibile, allontana da me questo calice! Non però quello che io voglio, ma quello che tu vuoi”. Vedere il Padre con gli stessi occhi di Cristo, il nostro sguardo nello sguardo di Lui, nel quotidiano Getsemani che costituisce la nostra vita. I rapporti con i genitori, con il coniuge, con il figlio, con il fidanzato, con gli amici. La sessualità e lo studio, il lavoro e lo svago, tutto vissuto come figli nel Figlio, smettendo di “pensare la vita in termini infantili, quasi fosse un paradiso terrestre dove tutto è facile, senza fatica, dove nulla è richiesto”.

Vedere il Padre ci basta, perché è sapere che esiste una volontà buona, giusta, bella e piena per la propria vita, ed essa coincide con il dono totale di sé. Vedere il Padre è non appropriarsi di nulla e nessuno, è rispettare e accogliere chi ci è vicino. Vedere il Padre è lasciarsi ferire dall’amore che nulla esige per sé ma tutto dona. Vedere il Padre è sapersi amati oltre ogni morte e dolore, di un amore più forte di qualunque peccato. Vedere il Figlio è dunque vedere il Padre, e questo è quanto basta ad ogni uomo per essere felice, in qualunque circostanza. Ed il volto di Cristo si incarna pienamente nella Chiesa, corpo vivente e visibile del Signore. Così chiunque fissi e guardi la Chiesa può vedere Gesù, e, in Lui, il Padre, l’approdo di ogni vita, il destino di ogni uomo. La missione della Chiesa, e di ciascuno di noi, non è dunque altro che essere quello che già siamo, per incendiare il mondo con la luce di Cristo. Essere suoi. Essere uno con Lui. Rimanere nel suo amore. Che Dio ce lo conceda, è questa davvero la Grazia più grande da implorare al Padre nel nome di Cristo: lo Spirito Santo che ci faccia intimi a Gesù, una sola carne e un solo spirito con Lui. Per noi, per il mondo. Perchè i figli, i genitori, gli amici, chiunque abbiamo a cuore possa vedere Dio, e credere in Lui.

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Quante volte soffriamo, ci scoraggiamo, perché gli altri non si accorgono di Dio, non ne vogliono sapere. Certo, ognuno è libero, ma per esserlo davvero una volta almeno nella vita deve poter vedere Dio, toccare il suo amore. Poi potrà rifiutarlo. Per questo siamo stati chiamati nella Chiesa. Per questo prima di tutto, prima ancora che pregare per i figli, o per chiunque, è fondamentale chiedere a Dio d’essere suoi sino in fondo. E’ l’evidenza di Dio in noi che aprirà al mondo lo sguardo su Dio. E’ questo il fondamento della missione della Chiesa, dell’educazione, della testimonianza, della nostra stessa esistenza: “È necessario che ogni cosa risalga alle sue origini. Perciò tra tante e tanto grandi chiese, unica è la prima fondata dagli apostoli e dalla quale derivano tutte le altre.

Così tutte sono prime e tutte apostoliche, perché tutte sono una. La comunione di pace, la fraternità che le caratterizza, la vicendevole disponibilità dimostrano la loro unità. Titolo di queste prerogative è la medesima tradizione e il medesimo sacro legameChe cosa poi gli apostoli abbiano predicato, cioè che cosa Cristo abbia loro rivelato, non può essere altrimenti provato che per mezzo delle chiese stesse che gli apostoli hanno fondato, e alle quali hanno predicato sia a viva voce, sia in seguito per mezzo di lettere” (Tertulliano, Sulla prescrizione degli eretici, 20, 1ss). 

Esistiamo perché Gesù possa prendere dimora in noi, e fare di noi, giorno dopo giorno, la comunione di pace e di vita eterna che, come una lettera viva, giunga al mondo intero. Lui è il nostro luogo, e con Lui nel Padre, nostra eterna dimora. E noi sua dimora, qui ed ora, nella nostra carne, ed eternamente, in un vincolo d’amore che nulla e nessuno potrà mai distruggere. Anche oggi, e in ogni istante. Che Dio ce lo conceda, al di là di ogni ostacolo frapposto dalla nostra debolezza.