don Antonello Iapicca – Commento al Vangelo del 3 Giugno 2020

SERVI NEL SERVO, PER FAR RISPLENDERE COME VERE ICONE DI CRISTO LA BELLEZZA DEL PARADISO

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Anche oggi, come ogni giorno, ti sei svegliato, lavato e preparato, hai fatto colazione e stai per uscire. Ma proprio sull’uscio di casa ecco che stamattina il Vangelo ti ferma strattonandoti con una domanda molto seria: dove stai andando? Sì, sì, a scuola, al lavoro, al supermercato e verso tutti i luoghi dove ti porteranno gli impegni. Ma sai verso dove è orientata la tua vita? No che non lo sai, basta pensare ai progetti che ti frullano per la testa,ancor prima di svegliarti… Per questo Gesù ci “prende in disparte” nella liturgia e nella preghiera (è importantissimo pregare bene ogni mattina, prima di ogni altra cosa…) e ci annuncia quello che gli deve “accadere” in noi che camminiamo con Lui “verso Gerusalemme”: “sarà consegnato ai sommi sacerdoti e agli scribi”: ai colleghi di lavoro e al capoufficio, alla suocera, al marito e alla moglie, ai figli… e “lo condanneranno a morte, lo consegneranno ai pagani, lo scherniranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e lo uccideranno; ma dopo tre giorni risusciterà”. E qui lo “stupore” pieno “di timore” ci invade, e, come Giacomo e Giovanni, preferiamo far finta di nulla immergendoci nelle cose da fare, gli affetti da curare, gli obbiettivi da raggiungere, illudendoci come loro di desiderare il compimento della volontà di Dio. I due apostoli, infatti, non chiedono un potere empio, anzi; desiderano una cosa santa, regnare con Gesù ed “essere alla sua destra e alla sua sinistra”. Ma la risposta di Gesù ci fa comprendere che “neanche sappiamo che cosa chiediamo e desideriamo”. La buccia sembra buona, ma l’interno è marcio: “vogliamo” che Gesù “ci faccia quello che gli chiediamo”, e per questo siamo pronti a strumentalizzarlo. Chiediamo cose sante, ma lo spirito e i criteri sono mondani perché ci sfugge l’essenziale: “il calice che Dio ha preparato per suo Figlio” e per ciascuno di noi. Infatti, quando ci viene presentato, normalmente ce la diamo a gambe.

Ma proprio per questo, anche oggi il Vangelo è una Buona Notizia per noi. Smascherando la parte di noi che ancora appartiene al mondo, Gesù ci annuncia che “fra di noi”, cioè nella Chiesa, “non sarà più così”! Perché in essa è vivo Cristo che “dopo tre giorni è risuscitato”! Nella Chiesa la morte è vinta, si vive già la vittoria conquistata da Cristo dopo la sua Passione, e per questo, tra cadute e rialzate, in essa si impara a seguire Gesù “verso Gerusalemme”. La Parola e la predicazione illuminano i nostri peccati e l’amore di Dio che ci perdona senza riserve, svelandoci così il cammino della conversione; i sacramenti ci uniscono a Cristo colmandoci della sua vita divina, perché, strappati all’egoismo dell’uomo vecchio che esige di “essere servito”, impariamo a riconoscere in ogni evento e in ogni persona le occasioni nelle quali “servire” con Lui, “offrendo la nostra vita” sulla Croce per “riscattare” i “molti” che ci sono affidati. Coraggio fratelli, “berremo il suo calice” perché Cristo lo ha già bevuto colmo dei nostri peccati e, nella comunità cristiana, ce lo offre traboccante del suo sangue che è il sigillo del perdono e della Nuova Alleanza che ci lega a Lui, perché diventi il “nostro calice” colmo della persone da “riscattare”. Abbandoniamoci a Lui ad ogni risveglio allora, quando ci “annuncia” il nostro destino, e immergiamoci nel “suo battesimo” che è la storia preparata per noi, deponendo nel suo amore rigenerante la superbia che “sappiamo” essere di “coloro che sono ritenuti capi delle nazioni e le dominano, e dei loro grandi che esercitano su di esse il potere”. Non siamo chiamati all’indignazione, alle proteste e alle rivoluzioni, nelle piazze come nei condomini, negli uffici o sui campi di calcio dove giocano i nostri figli, nelle scuole e nelle nostre case, per ottenere “quello che vogliamo”. “Tra di voi invece…” è diverso, ci dice oggi il Signore “chiamandoci a sé” nella comunità dove “viene” per trasformare radicalmente la nostra vita facendoci “grandi” nell’amore, e i “primi” nel “servire tutti”. Tra i fratelli nati dallo stesso “battesimo” e che si accostano e bevono allo stesso “calice”, ogni relazione è celeste: tra marito e moglie, tra genitori e figli, tra fratelli, ovunque “il primo è l’ultimo e l’ultimo è il primo”, e sembra quasi una gara a perdere perché l’altro vinca il “premio” dell’incontro con Cristo. Sì fratelli, perché l’ultimo posto qui sulla terra è lo specchio di quello “riservato” a noi in Cielo. Non importa se “alla destra o alla sinistra” del trono di Cristo, perché chi lo ha incontrato all’ultimo posto che Egli ha preso per “riscattarlo” pregustando proprio lì il suo amore, vive con la certezza che nel suo Regno avrà il posto migliore preparato per lui, dove goderne in pienezza per l’eternità, senza mancare più di nulla.


AUTORE: don Antonello Iapicca
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