don Antonello Iapicca – Commento al Vangelo del 27 Maggio 2020

CONSACRATI NELLA VERITA’ DALLA PAROLA CHE FA LA VERITA’ NELLA NOSTRA VITA

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Diciamoci la verità, questo mondo non ci piace. Ne vorremmo un altro nel quale ci illudiamo che potremmo vivere felici; un mondo migliore dove poter essere cristiani migliori. Un mondo che assomigliasse al Paradiso, perché no? E’ l’inganno tipico delle filosofie e delle ideologie che, avendo cancellato Dio, spengono nel materialismo e nell’immanentismo il desiderio di bene e di “gioia piena” che alberga nel cuore dell’uomo. L’ancor giovane teologo Joseph Ratzinger sintetizzava nel binomio “sapere-fare” la posizione di fronte alla realtà dell’uomo moderno che ha perso la fede: “la verità con cui l’uomo ha a che fare, non è la verità dell’essere, e neppure quella delle azioni da lui compiute. E’ invece quella del cambiamento del mondo, della sua modellatura. Una verità insomma proiettata sul futuro e incarnata nell’azione”. Per questo, nella realtà, ovvero la natura, – che non è più compresa come creazione – “non è il Creatore che si incontra prima di tutto, ma l’uomo incontra sempre se stesso”, con la tragica conseguenza che “l’uomo attende la salvezza da se stesso e appare essere in grado di darsela”. Ce n’è abbastanza per comprendere ciò che sta vivendo la società contemporanea, della quale, dobbiamo ammetterlo, siamo parte per nulla passiva. Non hai un figlio? Tranquilla, la scienza provvede. E così via, anche nella nostra vita di ogni giorno, nella quale cerchiamo di addomesticare e “modellare” la realtà per farne un piccolo paradiso personale. Ad esempio, l’adorazione che riserviamo al corpo, alla salute e alla qualità della vita che trasforma le persone e le istituzioni in inquisitori inflessibili che significa? Significa che nel nostro intimo più profondo abbiamo dimenticato Dio e chiediamo a una serie di regole di vita (spesso contraddette nel giro di pochi mesi perché indotte da interessi economici) la garanzia della salute, che ormai fa rima con immortalità. Non fumo, non bevo, niente grassi e quintali di verdure, e poi lo jogging e le sedute in palestra, vuoi che il cancro possa aggredirmi? Io le moltiplico le difese immunitarie, e tiè alla morte. Follia certo, ma è la cifra della nostra balbettante ricerca di verità e assoluto che abbiamo perduto ingannati dall’ideale insinuatoci dal demonio. L’ideale della perfezione di chi si illude di diventare come Dio. Ma lo Spirito Santo, infatti, avendo trovato dimora in Gesù di Nazaret, cerca la nostra carne e non un ideale nel quale è così facile nascondersi e mascherare i propri fallimenti. L’ideale è sempre spostato nel futuro, è concepito nelle idee proprie o altrui. Invece “Caro Cardo Salutis – La carne è cardine della salvezza” (Tertulliano). Con la nostra stessa carne Gesù si è incuneato attraverso la morte, l’ha vinta, è entrato nel Cielo e ci ha introdotti nell’intimità con il Padre. Ha assunto la carne che pecca e ne ha fatto uno strumento per salvare l’umanità. Ecco il realismo di cui solo Dio e chi gli appartiene è capace: niente idealismi fratelli, “essi”, cioè noi, “sono ancora nel mondo”. Santa Teresa d’Avila lo aveva compreso bene: “Noi non siamo angeli, ma abbiamo un corpo. Volerla fare da angeli, mentre siamo sulla terra, è una vera pazzia”. Allora, siamo pazzi o no? Sì che lo siamo, perché, sforzandoci per “modellare” il mondo, stiamo lottando contro noi stessi e la nostra vocazione: vorremmo essere “del mondo” per cambiarlo con la sua sapienza proprio per non essere più “nel mondo”, in questo mondo che non ci piace. Ma succede che, nonostante tanti sforzi per “modellarlo”, il “mondo” continua a “odiarci”. Perché? Perché Gesù ci ha “dato la Parola del Padre” che ci ha scelti e chiamati a far parte della sua Chiesa. No fratelli, “non siamo del mondo, come Gesù non è del mondo”, e sta pregando anche ora perché il Padre ci “custodisca dal maligno” e dai suoi inganni. Per questo non basta vietare di fumare nella propria casa per sentirci in paradiso, o seguire diete ferree e sottoporci a mille check-up per non ammalarci. Per questo, anche se nascondiamo per anni il volto di un amico che ci ha tradito o vinciamo una causa contro chi ci ha ingiustamente tolto il denaro che ci apparteneva non troviamo pace. Nella Chiesa infatti siamo “custoditi” e allevati perché si compia in noi il Discorso della Montagna, carta di identità di ogni cristiano. Qualcosa di esso abbiamo cominciato a sperimentare, e allora non stupiamoci se, anche travestiti con abiti mondani, “il mondo ci odia”; esso riconosce immediatamente quelli che non sono suoi. E’ inutile, se abbiamo gustato almeno una volta l’amore di Dio, ogni tentativo di vivere gli affetti, il lavoro, lo svago come i pagani fallirà miseramente. E questo vale anche per i nostri figli, se davvero abbiamo loro trasmesso la fede. Tra gli amici saranno comunque una goffa caricatura che alla fine si toglieranno stanchi di fingere. Gesù, infatti, ha “consacrato se stesso”, ha cioè offerto la sua vita, perché tu ed io fossimo “consacrati nella Verità” che è la “Parola del Padre” fatta carne in Cristo e che la Chiesa ci predica e ci dona compiuta nei sacramenti. Coraggio allora, perché il Signore ci ha “consacrati”, cioè separati “dal mondo” e dalle sue concupiscenze per diventare “proprietà di Dio” (Benedetto XVI) “quando era ancora” con gli apostoli nei quali preparava per noi la Chiesa che ci ha accolto; in essa “non andremo perduti” perché potremo ogni giorno lasciar “perdere” nelle sue viscere di misericordia “il figlio della perdizione” immagine dell’uomo vecchio, e rivestirci di quello nuovo nella “Verità” che è l’amore rivelato in Cristo crocifisso. Per questo Gesù, “compiendo la Scrittura”, chiede al Padre di “custodire” i cristiani “perché siano una cosa sola, come loro”. Nell’amore e nell’unità realizzati nella comunità cristiana, infatti, appare “nel mondo” la “Verità” che smentisce ogni menzogna del diavolo che genera la divisione. Anche oggi il Signore ci “manda nel mondo come ha mandato il suo Figlio”, cioè “come” gli ultimi e i più piccoli, perché non dobbiamo “modellarlo” ma salvarlo con l’amore attraverso la storia che ci dona. E che cosa c’è di più grande di questa missione? Nulla! Smettiamo allora di lamentarci e indignarci per come va il mondo e accogliamo con stupore, gratitudine e allegria la nostra vocazione: attraverso la Chiesa, infatti, il Signore ci ha rivelato “queste cose” proprio perché “abbiamo in noi stessi la pienezza della sua gioia”, quella cioè di compiere “nel mondo” la volontà del Padre perché a tutti giunga la salvezza.


AUTORE: don Antonello Iapicca
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