don Antonello Iapicca – Commento al Vangelo del 26 Febbraio 2019

NEMICI AMATI DA DIO GRATUITAMENTE PER ANNUNCIARE A OGNI NEMICO LA SALVEZZA

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Per dirci la serietà del peccato Gesù ce ne mostra le conseguenze, rivelandoci con la sua libera consegna alla morte il suo amore per noi, tanto grande da far paura. Gesù è inchiodato sulla Croce per un amore che ha esigito la morte, come l’amore d’una madre esige il dolore del parto. La morte di Gesù ci parla di noi, dei nostri peccati, che hanno esigito la morte di Gesù. Siamo peccatori: «E neppure i demoni lo crocifissero, ma sei stato tu con essi a crocifiggerlo, e ancora lo crocifiggi, quando ti diletti nei vizi e nei peccati». (San Francesco d’Assisi).

Ecco perché l’annuncio di Gesù terrorizza i discepoli e tutti noi; ecco perché la morte ci fa paura: il peccato ha avvelenato la nostra vita, e non lo possiamo accettare, siamo abituati a dare la colpa a tutto ciò che si trova fuori di noi. Discutiamo sempre su chi sia il più grande, ed è un’immagine delle relazioni avvelenate di chi non accetta la realtà dei propri peccati a causa dell’orgoglio che, scalando prestigio, potere e affetto, camuffa l’estrema indigenza di un cuore malvagio. Non possiamo accettare di essere smascherati come peccatori, empi che hanno ucciso davvero Cristo. Ma nella Chiesa ci è offerto un cammino di conversione nel quale Gesù si consegna a noi attraverso la Parola e i Sacramenti che hanno il potere di riconsegnarci alla nostra realtà. Per essere salvati abbiamo bisogno che la Chiesa ci “faccia” bambini, immagine di ogni uomo che, pur ferito dal peccato originale, può consegnarsi a Cristo. Un bambino è quello che è, tante volte capriccioso i bambini è però “naturalmente” consapevole della propria debolezza e per questo, di fronte alle cose più grandi, è capace del puro abbandono alla mano dei genitori in una semplice e umile accoglienza del loro amore.

Per questo Gesù parla dei piccoli per indicare chi crede in Lui e i suoi discepoli inviati ad evangelizzare. Un cristiano è rinato nell’amore che lo “fa” essere, in pace, quello che è; per questo “non va in cerca di cose grandi superiori alle sue forze” ma, “come un bimbo che riposa in braccio a sua madre” dopo la poppata, consegna tutto se stesso a Cristo che si è consegnato a lui senza riserve. La verità della nostra piccolezza emerge infatti dall’enormità del suo amore; dinanzi alla Croce non possiamo che scoprirci bambini per sperimentare la beatitudine annunciata dal Signore proprio agli antipodi di quelli che il mondo considera come i luoghi dove si può essere felici: “Beato il servo, che non si ritiene migliore, quando viene lodato e esaltato dagli uomini, di quando è ritenuto vile, semplice e spregevole, poiché quanto l’uomo vale davanti a Dio, tanto vale e non di più” ammoniva San Francesco.

E come lui, che ai piedi della Croce ha compreso di valere infinitamente nell’abbraccio di Gesù, anche noi, giungendo alla verità, potremo sperimentare la grandezza dell’amore di Dio che dà un valore inestimabile proprio alla nostra piccolezza. Perché Gesù prende in braccio i piccoli, i poveri, i peccatori. La croce che ci umilia infatti, è dove si stende il suo abbraccio con cui ci accoglie nel perdono. Ecco il segreto nascosto alla sapienza mondana: l’amore si fa bambino per ricrearci bambini, indifeso perché smettiamo di difenderci, piccolo perché abbandoniamo i miseri sogni di grandezza. La storia che oggi ci crocifigge e ci fa paura è lo scrigno nel quale l’amore del Padre amore si fa bambino nel suo Figlio per incarnarsi nella nostra vita.

Accompagnati dalla Chiesa impariamo allora ad accogliere la storia di ogni giorno per abbracciare Gesù laddove Egli ci abbraccia, nell’indigenza che ci fa suoi prediletti. Chi vive così è un cristiano, uno cioè che sa di essere l’ultimo di tutti e ne è felice, perché all’ultimo posto ha conosciuto il Signore sceso sin lì per unirsi a lui. E chi vive in Lui serve tutti perché è Cristo che si consegna attraverso le sue parole e i suoi gesti, offrendo a ogni uomo la possibilità di accogliere Lui e il Padre che lo ha inviato nei suoi fratelli più piccoli posti in mezzo alla storia nell’abbraccio che li crocifigge nell’amore.

Fonte e approfondimenti

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Mc 9, 30-37
Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.
Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti».
E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

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