CHIAMATI A RISPLENDERE NEL MONDO CON IL VOLTO DI UN ANGELO CHE TESTIMONIA L’AMORE INFINITO DI DIO
Oggi, il primo giorno di vita del Signore, ci consegna il primo frutto della sua venuta nella carne: Stefano, deposto con Cristo nella mangiatoia offerta al mondo. Per questo era “diacono”, ovvero immagine compiuta del Servo di Yahwè; nella sua carne era nascosto un frammento della passione di Gesù, perché essa giungesse ai peccatori, reale, visibile, toccabile, afferrabile.
Sotto la sassaiola che lo uccideva, Stefano protomartire diveniva
Uno dopo l’altro, scorrono oggi i volti d’angelo dei testimoni di Cristo: i loro occhi planavano direttamente dal Cielo per abbracciare i propri assassini con le parole identiche a quelle di Gesù e di Stefano: “Padre perdonali, perché non sanno quello che fanno”. Guardate bene Stefano, lasciatevi attirare nel suo sguardo di pace soprannaturale. Guardava i Cieli aperti che Cristo aveva aperto per lui; e da lì, non dal terrore per la morte, fissava gli uomini che lo stavano uccidendo. Di fronte al demonio che lo ghermiva attraverso le mani dei suoi aguzzini, si è lasciato deporre nella mangiatoia per farsi mangiare. Ha seguito le orme del suo Signore, il “Messia che, leone per vincere, si è fatto agnello per soffrire” (S. Vittorino di Pettau).
Come siamo chiamati anche noi. Non c’è da “preoccuparci” se la storia ci “consegna” ogni giorno “nelle mani” del mondo. E’ per salvarlo, annunciando il Vangelo della Verità come ha fatto Stefano, e offrendo noi stessi per “dare testimonianza” a Cristo. Per farlo, dobbiamo “guardarci dagli uomini” ma non smettere di guardarli con gli occhi di Cristo perché essi, fissando i cristiani, vedano il loro volto “come quello di un angelo”, di un messaggero credibile del Cielo. Ciò significa “guardarsi” dai compromessi e i legami carnali, per essere liberi di amare nella Verità ogni uomo. E’ difficile, anzi impossibile.
Ma come è accaduto in Maria, nella Chiesa, dove impariamo ad essere angeli che contemplano il Cielo per rifletterlo in terra, scende anche su di noi “lo Spirito del Padre nostro” che “parlerà” in noi: nel nostro sguardo, nelle nostre parole, nei gemiti di dolore sotto la pioggia dei peccati del mondo. E dirà: “Padre perdonali, non imputare loro questo peccato”, sono qui offrendomi con il tuo Figlio, perché coloro che mi stanno uccidendo contemplino per sempre il tuo volto. Come accade a me ora, perché è solo quando si muore a se stessi che si vede il Cielo aperto. Proprio come un neonato che metti a dormire dove vuoi, e lui tranquillo, chiude gli occhi per sprofondare in un sonno di paradiso…
Commento a cura di don Antonello Iapicca
Qui l’intervista Rai a don Antonello
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