PERSEVERANTI NELL’AMORE PERSEVERANTE E FEDELE DI DIO, NONOSTANTE LE NOSTRE CADUTE
La perseveranza è la chiave che apre la nostra vita al compimento che salva le nostre anime. Essa è una “virtù infusa” per mezzo della Grazia santificante, e ci viene data attraverso un cammino di conversione lungo e severo; il termine “perseverare” deriva dal latino “per” – a lungo – e “severus” – rigoroso. Siamo chiamati a lanciarci “con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede” (Eb. 12, 1-2). Nella perseveranza si rivela l’amore autentico per Cristo che, al di là del sentimentalismo, fissa gli occhi del cuore e della mente su di Lui, come un atleta fissa il traguardo.
Quando nella vita viene a mancare lo scopo, tutto diviene pesante, svuotato di senso e l’amore mostra la sua inconsistenza. La vita di un cristiano, invece, è sempre in un “agôna”, la lotta nella quale tiene fisso lo sguardo su Gesù intercettandolo in tutto e in tutti. Il traguardo di ogni mia parola, pensiero o gesto è Cristo, è l’affermazione di Lui in chi mi è di fronte, come in tutto quello che faccio. Per questo la perseveranza è anche attesa, un protendersi come quello di una corda tesa, “qaw” in ebraico, da cui “qawāh” (aspettare, sperare) tradotto dalla versione greca della LXX proprio con “hypomonê” – perseveranza. Perseverare è dunque l’antidoto al peccato che è fallire il bersaglio come una freccia scoccata da una corda che non era tesa al punto giusto.
Il perseverare svela l’amore che desidera il bene dell’altro in tutto, il compimento della Verità in ogni momento. Perseverare con il cuore e la mente fissi su Cristo. Se fisso Cristo nella fidanzata, persevero nell’amore, perché non mi perdo in quello che, in lei, non c’entra con Lui; e sopporto il peso dell’”odio” di quella parte dell’altro e di me che appartiene alla carne e al mondo. Non dovrò preoccuparmi perché lo Spirito Santo provvederà a tutto, a parole e atteggiamenti colmi della sapienza della Croce, capaci di resistere ai sofismi della carne. E’ Lui che ci fa stare saldi nella castità, nella verità che rifugge l’ipocrisia, nella sobrietà e nella purezza. E’ Lui che persevera in noi e ci attesta che nessun capello del nostro capo perirà, accompagnandoci in un combattimento intriso d’amore, per non anteporre nulla a Lui, assolutamente. Contro questo amore assoluto si scatena l’odio, perché chi è amico del mondo è nemico di Dio.
La perseveranza ci rende oggetto dell’odio di ciò che il nostro amore non abbraccia e ha rifiutato. Perché l’amicizia di Dio che ci ha raggiunti e coinvolti in un cammino di conversione al Vero, al Bello, al Buono, sovverte le gerarchie delle nostre priorità. Chiaro che ci odino tutti coloro con i quali non facciamo più compromessi affettivi; è naturale che ci tradisca chi si sente da noi tradito perché liberati dai rapporti morbosi della carne. Odiati e traditi per gelosia carnale anche dalle persone più care, perfino da quelle legate a noi dai vincoli del sangue; perché tutti devono essere purificati per rinascere nel sangue di Cristo, l’unico vincolo che non si corrompe. Come accadde ai fratelli di Giuseppe, che non riuscivano a gestire la profezia che egli annunciava con la sua sola presenza, con i suoi sogni e la sua vita. Erano carne della sua carne, e lo odiavano. Ma proprio quell’odio, ferendo il fratello, apriva misteriosamente la via alla loro salvezza.
La loro gelosia “doveva” colpire Giuseppe, l’eletto di Dio, immagine dell’agnello che non avrebbe resistito all’odio del mondo intero. Giuseppe, profezia della Chiesa, e di ogni suo figlio, apostolo della misericordia che dissolve l’odio e la vanità della carne nell’amore al nemico che in Cristo, offre la carne per la salvezza dell’altro. Mettiamoci però bene in testa di non preparare alcuna difesa; proprio l’odio che ci conduce ogni giorno ai tribunali e alle prigioni dove ogni giorno siamo giudicati, rifiutati e rinchiusi da chi ci è accanto, rivela come tutta la nostra vita sia una magnifica occasione dove l’amore di Dio ha scelto di farsi carne per la salvezza del prossimo. E’ necessario essere trascinati davanti a re e a governatori – forse il marito, la moglie, i figli, il collega – perché in noi Cristo sia consegnato a loro.
Odiati a causa del suo nome, l’unico nel quale c’è salvezza e che può giungere solo così a chi si è allontanato da Lui. Chi avrebbe immaginato che il suo sangue sarebbe ricaduto sugli assassini per lavare ogni loro peccato? Chi può immaginare che la tua vita offerta per chi ti è accanto e, schiavo della menzogna del demonio, odia Cristo e la Chiesa, farà giungere a loro la passione del Signore per scagionarli e schiudergli il cammino al Cielo? Come Santo Stefano, con una lingua e una sapienza a cui tutti gli avversari non possono resistere né controbattere, siamo chiamati a tenere lo sguardo fisso su Cristo perché il nostro volto risplenda come quello di un angelo, annunciaori e testimoni dell’amore che perdona quanti ci odiano perché “non sanno quello che fanno”.
AUTORE: don Antonello Iapicca FONTE: Newsletter SITO WEB CANALE YOUTUBE