IL CAMBIO DI MENTALITA’ CHE OPERA LA GRAZIA PER APRIRE GLI OCCHI DEL NOSTRO CUORE SUL DOLORE DI CHI CI E’ ACCANTO
Vivere seriamente la Quaresima ci allena a vivere ogni giorno in conversione, disposti cioè a un cambio radicale del modo di pensare, secondo il significato dell’originale greco metànoia. E qual’è il modo di pensare che siamo chiamati a rigettare? Ingoiati da una società che ci stritola nel fare per godere senza pensare alle conseguenze di pensieri, gesti e parole, abbiamo dinanzi sempre e solo “i nostri beni”, con i quali ci illudiamo di sfuggire i “mali”.
Viviamo cercando di essere “ricchi” per non diventare come Lazzaro, perché i “suoi patimenti” ci fanno paura. Il demonio, infatti, ci ha ingannato presentandoci la terra dove ci facciamo dio come un Paradiso, e il Paradiso dove obbedire a Dio come un inferno. Ma, per quanto ci vestiamo di “porpora e bisso” e “banchettiamo lautamente”, sperimentiamo ogni giorno che non siamo dio. Peggio, perdiamo la nostra identità, come il ricco che, a differenza di Lazzaro, “non ha nome: questa è la maledizione più forte di quello che confida in se stesso o nelle forze, nelle possibilità degli uomini e non in Dio: perdere il nome. Come ti chiami? Conto numero tale, nella banca tale. Come ti chiami? Tante proprietà, tante ville, tanti… E tu confidi in quello, e quest’uomo è maledetto” (Papa Francesco, Omelia a Santa Marta, 20 marzo 2014).
E’ proprio qui che inizia la nostra conversione. Anche se andiamo a messa e frequentiamo gruppi e movimenti: basta vedere quante volte al giorno pensiamo ai soldi e quante alla morte. Hai pensato che oggi potresti morire? Che potrebbe morire tuo marito, addirittura tuo figlio? Mai, perché la morte l’abbiamo rimossa. Convertirci significa allora smettere di fuggire e cominciare a pensare ai Novissimi, “morte, giudizio, inferno e paradiso”, come ci insegna il Catechismo di san Pio X: “È bene pensare ai Novissimi ogni giorno, e massimamente nel fare orazione alla mattina subito svegliati, alla sera prima di andare a riposo e tutte le volte che siamo tentati a far male, perché questo pensiero è validissimo a farci evitare il peccato”. Di fronte ad ogni evento, infatti, siamo “tentati a far male” per non guardare il “povero Lazzaro” nel quale si specchia la nostra realtà.
La Quaresima, con il digiuno che ci fa assaporare la fame, la preghiera che ci rivela bisognosi e l’elemosina che ci sradica dalle sicurezze, ci aiuta a scoprirci poveri e mendicanti come Lazzaro, mentre illumina il ricco epulone che è in noi come la tragica maschera del demonio. Convertirci significa dunque prendere di peso la nostra vita deponendola sotto la luce del Vangelo profetizzato da “Mosè e i Profeti”. Li “abbiamo” nella Chiesa nostra Madre che illumina i nostri cuori e il senso della nostra vita perché, sentendoci trafiggere il cuore scoprendoci peccatori, possiamo desiderare di convertirci. Non illudiamoci sperando miracoli che ci cambino la vita: anche se in questo istante apparisse tuo padre risorto, non cambierebbe nulla; non saremmo “persuasi” e non crederemmo alla vita eterna perché per credere occorre la fede adulta generata dall’esperienza.
Solo chi, “piagato e mendicante” alle porte della Chiesa, è stato accolto e “sfamato” con amore dalle “briciole” del corpo di Cristo crocifisso, può credere alla vita dopo la morte. Solo chi ha sperimentato la morte e l’inferno della solitudine a causa dei peccati, il giudizio di misericordia annunciato dal Vangelo, e la vita nuova capace di amare primizia del Paradiso, può cambiare mentalità e guardare con fede alla Verità dei Novissimi. E la fede viene dall’ascolto della predicazione, perché Dio ha voluto salvare gli uomini con la sua stoltezza. In essa Gesù ci raggiunge dove siamo. Per salvarci ha assunto la stessa nostra natura di poveri Lazzaro: è Lui che, “piagato” dalle frustate inferte dai peccati, “giace alla porta” della nostra vita mondana, orgogliosa e arrogante. “Brama di sfamarsi delle briciole che cadono dalla nostra mensa”, ovvero desidera ardentemente mangiare con noi la Pasqua raccogliendo i frammenti nei quali abbiamo lacerato la nostra vita; donataci come cibo da spezzare e donare agli altri sulla mensa della storia, l’abbiamo invece buttata via “banchettando lautamente” per saziare ogni concupiscenza.
Così Gesù ha capovolto i criteri con cui il mondo sotto il potere di satana intende la giustizia. La sua Croce ha assunto tutti i “mali” di Lazzaro per farne la via che conduce alla “consolazione” eterna, smascherando la menzogna dei “beni” che, incatenandoci all’egoismo, ci accompagnano nei “tormenti”. “Convertiti e credi al Vangelo”, così abbiamo iniziato la Quaresima. Così siamo chiamati ad iniziare ogni giorno. E’ il cammino di una vita, nulla si improvvisa. Il Paradiso inizia in questa terra, esattamente come l’inferno. Dopo la morte non si potrà più “passare” dall’uno all’altro. La storia che ci è data è l’annuncio e la preparazione ad affrontare i Novissimi, la Pasqua ultima e definitiva. Convertiamoci e apriamo gli occhi: oggi ci attende la morte nascosta nell’insulto di tua moglie, nella superficialità di tuo marito, nell’arroganza di tuo figlio e nella calunnia del tuo collega, nella malattia e nella precarietà economica. Non temere, ascolta il Vangelo e credi che con Cristo puoi donarti e salire sulla Croce.
Su di essa sperimenterai il giudizio di misericordia che anticipa quello finale, donandoti già oggi la “consolazione” che profuma di Paradiso. Di essa siamo chiamati a essere noi stessi una profezia, “mandati a casa di nostro padre” e dai nostri “cinque fratelli” perché siano “ammoniti” dalle nostre piaghe rese gloriose dal perdono; e così “non vadano anch’essi nel luogo di tormento” ma, abbeverandosi di misericordia alle piaghe di Cristo impresse nelle nostre, si convertano e gustino con noi le primizie del Paradiso.
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Lc 16, 19-31
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ai farisei:
«C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe.
Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”.
Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”.
E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.