SPIGHE MATURE PER IL MONDO
La Scrittura disegna il rapporto tra Dio e l’uomo con i tratti gioiosi di un banchetto di nozze, del quale il sabato è un segno tra i più importanti. Nulla di più lontano da una religione fatta di precetti e divieti, di regole da applicare, di un tedioso dare ed avere tra la divinità e l’uomo. L’halakà (insegnamento dei rabbini: halakà deriva dal verbo halak, “camminare”) concedeva di entrare nel campo a raccolto ultimato, dopo che i poveri avevano spigolato la loro parte secondo i dettami della Torah: «Quando è permesso a chiunque di spigolare? Quando l’ultimo povero se n’è andato» (Mishnah, Peah 8:1). I discepoli di Gesù non avevano infranto la Legge, al contrario: seguendo le orme del loro Maestro avevano raggiunto l’ultimo posto, i più poveri tra i più poveri, e per questo liberi davvero.
Nulla da difendere, tutto da ricevere. Il discepolo è piccolo, indifeso, bisognoso di tutto, un segno di contraddizione, un interrogativo posto dinanzi al cuore di ogni uomo perché sia svelato il cuore della Legge, e quello di Dio, che ne è l’autore. Una parte dei farisei considerava anche lo spigolare dei poveri illecito nel giorno di sabato, anteponendo la lettera della Legge al suo spirito. Ma Gesù e la sua comunità – la Chiesa – svelano il contenuto autentico della Legge, il sì di Dio all’uomo, il Sabato della vita più forte della quotidianità di morte che affama e getta nel bisogno le esistenze. La Legge, comprendendo ogni aspetto della vita dell’uomo per rivestirlo della santità di Dio, fa presente il Paradiso perduto.
Donata per proteggere e guidare nel cammino verso l’intimità con Dio, la Legge era divenuta un impedimento e un inciampo. Come capita a noi quando recintiamo le nostre vite e quelle altrui di leggi figlie dei nostri criteri, che si tramutano ben presto in aguzzine violentatrici della libertà e dell’amore. Ma il Signore oggi ci mostra la libertà e la gioia d’essere figli di Dio. Era quello che mancava alla fredda ragione dei farisei, come ad ogni etica senza Spirito Santo. Occorreva una carne capace di compiere quello che la Legge disegnava e stabiliva, l’uomo nuovo libero dalla schiavitù del peccato. Il suo amore “ci strappa” alla maledizione che pesa su chi, aspettando dalla Legge la salvezza, non la compie, divenendone trasgressore colpevole. La sua misericordia ci introduce nel suo Regno, dove con Lui siamo sacerdoti, re, profeti, liberi di mangiare i pani di vita preparati per l’offerta rituale.
In Cristo siamo condotti al cuore della Legge, per poterla vivere nella sua autenticità, come se ne fossimo anche noi gli autori, giorno per giorno, situazione per situazione, relazione per relazione: il compimento della Legge, infatti, è l’amore, l’unico che sa coniugarla concretamente incarnandola nell’offerta gratuita di se stessi, come spighe mature. Così, quanto fatto dai discepoli, assume un carattere profetico, annuncia la buona notizia che Gesù è venuto a proclamare: è giunto il Messia – nel Talmud (Tamid 7,4) l’Era Messianica è chiamata Yom shekullò Shabbat, il giorno che sarà tutto Shabbat. – Gesù di Nazaret, il chicco di grano caduto in terra per produrre il molto frutto dell’amore e della libertà. Il campo nel quale sono entrati i discepoli è immagine del sepolcro che ha accolto il Signore; le spighe sono il frutto della risurrezione, germogliato proprio per distruggere le barriere della schiavitù del peccato; i discepoli, affamati di perdono, vita e libertà, entrano in quel sabato per partecipare al compimento definitivo di ogni sabato, e non per trasgredirne i precetti: in quel campo è apparso il “Signore del sabato” che ha vinto il signore del sepolcro e della morte, il frutto atteso, la gratuità del perdono e dell’amore che ogni sabato insegna e celebra.
“Strappare le spighe e mangiarne” allora, significa vivere in pienezza il sabato, “fatto da Dio per l’uomo” al termine della creazione, il sigillo dell’Alleanza che accoglie e sposa l’umanità nel suo riposo. Ma per entrare nel sabato dobbiamo passare con Cristo attraverso la Croce, dove ci accoglie ogni giorno attraverso i fatti e le persone che incontriamo, per donarci la spiga matura che non siamo stati capaci di far germogliare nella nostra vita. Lo scandalo dei farisei è lo stesso che sperimentiamo quando rifiutiamo la storia e la misericordia che vi è deposta, convinti che “non sia lecito” quell’amore così assurdo! Dai, non può essere lecito perdonare settanta volte sette la moglie, il marito, il collega. Non è lecito lasciarsi “strappare” l’onore, la dignità, il tempo e le idee.
La “fame e il bisogno” di Davide in fuga da Saul erano la fame e il bisogno di ciascuno di noi perseguitati dalla gelosia e dalla schiavitù di rapporti malsani, carnali, appiattiti sui criteri mondani, in cerca di un sabato che sia per noi rifugio, libertà, pace, riposo, pienezza e amore. Oggi possiamo scoprire che questo amore è a un passo da noi, ci cammina accanto, è Cristo che attende di essere “strappato” come una spiga: basta entrare nel campo della storia e accogliere i frutti di una vita rinnovata. In essa, ogni giorno diviene un sabato dove chi ci è accanto possa accogliere l’amore di cui è affamato, cogliendo in noi discepoli del Signore, le sue spighe mature.
Commento a cura di don Antonello Iapicca
Qui l’intervista Rai a don Antonello
Busshozan shi ko 31-1
Takamatsu, Kagawa 761-8078
Japan